Si parla molto di calo demografico come fenomeno
culturale. Giusto, la questione è più ampia e non è solo economica, sappiamo
bene che in altri tempi anche in povertà si sfornavano tanti figli ma parliamo
di periodi differenti. Ora, evitiamo l'ipocrisia: fare figli non è diventato
costoso in sé, ma garantire loro una vita al passo con ciò che richiede la
società attuale sì. Non parliamo della mera sopravvivenza fisica – quella si
arrangia sempre. Parliamo appunto della possibilità di esistere pienamente
nella società contemporanea. E qui il problema è brutalmente materiale. Sanità,
istruzione e sicurezza non sono terreno comune. Il meccanismo è semplice: la
sanità pubblica collassa sotto liste d'attesa infinite, chi può paga quella
privata. Le scuole pubbliche accumulano problemi – classi sovraffollate,
strutture fatiscenti, piene di immigrati con disagi – e chi può sceglie il
privato. Stessa logica per sport, lingue, attività extrascolastiche: chi ha
risorse moltiplica le opportunità dei figli, chi non le ha resta fermo. Il
pubblico, svuotato di risorse, diventa il residuo per chi "non può
permettersi altro" - una sorta di limbo civico dove si accumula il disagio
sociale ed economico. E questo crea un circolo vizioso: le famiglie con mezzi
fuggono verso il privato, il pubblico perde ulteriore qualità, attraendo solo
chi non ha alternative, degradandosi ancora. Il risultato? Si nasce cittadini
di serie A, B o C, a seconda del conto in banca dei genitori. Le possibilità di
vita sono determinate alla nascita dal patrimonio familiare. Dove sarebbe la
fantomatica uguaglianza democratica in tutto questo? Se il destino di un
bambino dipende dal portafoglio di chi lo genera, in che senso siamo ancora una
comunità politica? Questa non è meritocrazia: è un sistema di caste economiche
mascherato. Fare figli nella società attuale diventa così un azzardo economico,
un investimento ventennale che richiede capitale considerevole. E tutto questo
è voluto, non è certo casuale. Hanno ridotto la possibilità di fare figli in
privilegio economico. Fingono di interessarsi al calo demografico tentando
soluzioni grottesche con bonus e mancette. Sappiamo tutti che è solamente fumo
negli occhi, la vita costa, non è qualche cento euro in più che risolve. Vi è
oggi un'oggettiva impossibilità materiale di garantire ai figli una vita
"normale" senza impoverirsi. Poi certamente tutto si può fare,
esistono vie alternative che si possono percorrere, ma in linea generale la
situazione è quella delineata.
Ipocrisia e mancette
Ostentazione
Fateci caso, più la gente proclama sui social la propria "felicità", più questa gli sfugge nella vita vera. Quando si sente il bisogno di trasformare ogni momento intimo in spettacolo pubblico, è un segnale d'allarme. Condividere e ostentare sono due cose molto diverse. Condividere nasce dalla pienezza, ostentare dal vuoto. Chi è veramente felice nella propria condizione non ha bisogno di una sorta di certificato pubblico, perché quella felicità si nutre nel quotidiano silenzioso, nei gesti non fotografati, nelle parole sussurrate che non diventano didascalie da buttare sui social. L'ostentazione tradisce sempre un'insicurezza di fondo. Sappiamo che molti si sentiranno toccati da queste considerazioni ma il cercare il "mi piace" degli altri è una ricerca di conferma di una gioia che non si riesce a sentire pienamente da soli. Attenzione, perché poi c'è il boomerang inevitabile. A volte è proprio da coloro che hanno costruito con più enfasi l'altare della propria "felicità perfetta" che arrivano i crolli più fragorosi. Quante volte abbiamo assistito ad esempio a coppie che inondavano i social di dichiarazioni d'amore, di foto, di celebrazioni pubbliche della loro "perfezione", improvvisamente sfaldarsi? L'indissolubilità ostentata crolla come un castello di carte. Non a caso. È quasi una legge psicologica. Più si vive per l'immagine che per la sostanza, più si costruisce una narrazione pubblica invece di coltivare una realtà privata, più si crea una scissione pericolosa. Chi ostenta continuamente la propria condizione spesso lo fa perché sta cercando di convincere se stesso prima ancora che gli altri.
Cari amici,
l'ostentazione consuma ciò che ostenta. Qui c'è da riscoprire il valore del
silenzio, della riservatezza, dell'intimità come spazio protetto dal rumore dei
social. Al riparo dagli sguardi, senza dover dimostrare niente a nessuno. Gli
antichi stoici lo sapevano bene: la gioia è un fatto interiore, che non
necessita di testimoni.

