L’illuminismo, nel suo tentativo di liberare l'umanità
dalle "catene" del pensiero religioso, ha sottovalutato un aspetto
fondamentale della natura umana: il bisogno irriducibile di dare un significato
trascendente all'esistenza.
I filosofi razionalisti, convinti che la ragione
potesse sostituire completamente la religione, non hanno compreso che stavano
opponendosi non a semplici costruzioni sociali eliminabili, ma a un'esigenza
radicata nel profondo dell'essere umano. L'impulso a cercare un significato
ultimo, che trascenda l'immediato e il materiale, non è un'abitudine culturale
da superare, ma una dimensione costitutiva dell'umano.
Il risultato di questo fraintendimento è stato
paradossale. Anziché creare una società "libera dalla religione", il
razionalismo ha involontariamente generato un proliferare di surrogati
spirituali, di ideologie totalizzanti, di culti della personalità e di sistemi
di pensiero che, pur rifiutando l'etichetta di "religione", ne hanno
assunto le funzioni essenziali: offrire risposte ultime, creare comunità di
fedeli, stabilire rituali, definire valori assoluti.
La modernità ha visto nascere una serie di
"religioni senza Dio": dal culto della Ragione durante la Rivoluzione
Francese alle grandi ideologie politiche del Novecento, dal consumismo come
pratica rituale fino alle attuali forme di spiritualità sincretiche e
individualizzate. Ciascuna di queste manifestazioni rivela, nella sua stessa
esistenza, il fallimento del progetto di un'umanità puramente secolare.
Particolarmente significativo è l'eclettismo
spirituale contemporaneo, dove ciascuno compone il proprio personale mosaico di
credenze attingendo liberamente da tradizioni diverse, spesso incompatibili tra
loro. Questo approccio, apparentemente libero e creativo, nasconde un pericolo
profondo: la superficialità di una ricerca che, nella sua incapacità di
radicarsi, finisce per replicare la stessa frammentazione che intendeva
superare.