Algomondo

Hanno convinto le persone che non possono fare a meno di consumare. Così sì consumano alimenti industriali modificati artificialmente per essere resi più appetibili grazie ad esaltatori di sapidità, coloranti e addensanti. Si usano farmaci di cui non si ha bisogno ed ogni mese sul mercato ne sono lanciati di nuovi: ormai esiste un antidolorifico specifico per ogni parte del corpo. Si guardano film, serie tv e programmi standardizzati; si vestono abiti pensati per l’individuo qualunque, cuciti nelle stesse fabbriche nelle periferie del mondo; si ascolta musica prodotta da replicanti e si guidano macchine che spiano tragitti, frenate e parcheggi. Si acquista roba di plastica online e ci si indebita per altra roba di plastica, magari da iniettare sottopelle per sembrare più giovani.
Ci si informa attraverso media che veicolano contenuti preconfezionati; si lavora anche quando si è a casa, per rispondere al bombardamento di mail che costringono ad essere segretari di se stessi. Si producono contenuti sui social, non-luoghi di falsa socialità funzionale alla logica del profitto.
Hanno convinto le masse che non possono fare a meno di vivere in questa nuova società organizzata scientificamente, come in una moderna fabbrica toyotista. Ammassati come merce a basso costo su uno scaffale, oscillanti tra le onde di una bulimica economia di mercato, ci si sente cosmopoliti seduti a bordo di un volo Ryanair con le ginocchia alla bocca.
Tutti efficienti per l’algomondo, il mondo governato dagli algoritmi di intelligenza artificiale. In realtà si lavora per loro, per incrementarne la potenza, la capacità di calcolo e quella previsionale. Si produce e si consumano al contempo dati digitali in quella
 che il sociologo Lelio Demichelis ha recentemente definito la moderna società-fabbrica. 



                                                    AM