Nietzsche insegnò che il nichilismo è lo svuotamento
di significato di tutti i valori. Ma quello che osserviamo oggi è qualcosa di
profondamente diverso dal nichilismo storico: è un vuoto che non cerca di
riempirsi, una negazione che non aspira a diventare affermazione.
I movimenti nichilisti del passato bruciavano di
passione negativa, di una volontà di annullamento che, paradossalmente, era
essa stessa una forma di vitalità. Era un nichilismo che gridava "no"
per far emergere un "sì" nascosto, che distruggeva per ricostruire.
Era, in fondo, un nichilismo romantico.
Oggi ci troviamo di fronte ad un nichilismo che non
ha nemmeno l'energia di negare attivamente. È un vuoto che si è fatto comfort,
un'assenza che non cerca presenza.
È un nichilismo che non cerca redenzione perché non
crede di averne bisogno. Non cerca riscatto perché non percepisce di essere
caduto. È uno stato di quiete artificiale, un limbo digitale dove il
significato non viene violentemente negato, ma dolcemente dimenticato.
Quando il vuoto diventa così comodo, quando
l'assenza di significato diventa essa stessa insostenibile nella sua banalità,
ecco che potrebbe nascere un nuovo desiderio di autenticità.
Non ci sarà una rivoluzione rumorosa, non ci saranno
manifesti o barricate. Ma chissà, forse, nel silenzio di una stanza illuminata
solo dalla luce blu di uno schermo, qualcuno alzerà lo sguardo e si chiederà se
c'è qualcosa oltre il comfort del nulla. E in quella domanda, per quanto
flebile, potrebbe nascere una nuova forma di resistenza.