Come si può conciliare una sensibilità tradizionale
con la nostra esistenza in un'era dominata dall'intelligenza artificiale, dal
metaverso e dalla realtà aumentata? Come possiamo mantenere un equilibrio tra
la nostra dimensione spirituale e un presente sempre più digitalizzato? È un
dilemma che rischia di frammentare la nostra identità. Come preservare la
nostra umanità in un mondo governato dagli algoritmi? Come resistere al
consumismo digitale senza diventarne schiavi? Come mantenersi autentici in un'epoca
di relazioni virtuali? Questi interrogativi non sono completamente nuovi: ogni
epoca ha dovuto affrontare le proprie sfide tecnologiche. Tuttavia, nel primo
quarto del XXI secolo, la questione ha assunto una dimensione più pervasiva e
sottile, proprio per l'onnipresenza della tecnologia digitale nelle nostre
vite, fino agli aspetti più intimi della nostra esistenza. Chi oggi non
possiede uno smartphone? Chi non ha accesso a Internet? Chi non è presente sui
social media? Chi non utilizza servizi di streaming o piattaforme di acquisto
online? Dal 2020 poi con l'accelerazione digitale imposta dalla pandemenza
abbiamo assistito ad una accelerazione ancora più radicale. La tecnologia ha
portato innegabili progressi pratici: dobbiamo quindi rifiutarla? No, sarebbe
non solo impossibile ma anche controproducente. La tecnologia rappresenta il
nostro inevitabile orizzonte, una "gabbia digitale" che ci avvolge:
dobbiamo imparare a viverci dentro trovando un equilibrio psicologico e
spirituale. È necessario distinguere due piani: quello esteriore e quello
interiore. "È amante delle fiabe chi
non si fa schiavo delle cose presenti", diceva Tolkien. Questa massima
può applicarsi perfettamente al nostro rapporto con la tecnologia
contemporanea: possiamo utilizzare l'AI come sorta di archivio di informazioni
non come sostituto del pensiero umano, i social media come mezzi di
connessione, non come surrogati delle relazioni autentiche; il metaverso come
estensione artificiale della realtà, non come fuga da essa. Lo stesso vale per tutte le
tecnologie che stanno ridefinendo la nostra società: strumenti che hanno
profondamente modificato il nostro modo di vivere, lavorare e pensare,
diventando quasi delle divinità moderne che richiedono la nostra costante
attenzione e devozione. Non farsi schiavi del presente digitale:
psicologicamente e spiritualmente. Non rifugiarsi in un irrealistico rifiuto
della tecnologia, ma utilizzarla consapevolmente senza esserne dominati. Essere
capaci, quando necessario, di disconnettersi. Ma senza cadere in un anacronistico
luddismo digitale, perché chi ha una mentalità critica verso la modernità
tecnologica lo è principalmente nella sua dimensione interiore, senza bisogno
di manifestarlo in modo eclatante e paradossalmente "virale". Certi
atteggiamenti anti-tecnologici oggi di moda - il minimalismo digitale come
stile di vita - sono infatti spesso solo questo: una moda, una posa, un trend
privo di profondità culturale e spirituale. Un nuovo conformismo che si
maschera da ribellione, ma manca di una vera riflessione sulla relazione tra
tradizione e innovazione, tra sviluppo tecnologico e crescita interiore.