In un'era dominata dall'algoritmo e dal bit,
dove il valore sembra misurarsi esclusivamente in codici binari e competenze
tecniche, chi ha fatto della cultura umanistica la propria bussola esistenziale
si trova sempre più spesso ai margini, come un artista costretto a dipingere in
una fabbrica.
Le discipline umanistiche sono percepite come un
lusso intellettuale, non una necessità. Chi si occupa di filosofia,
letteratura, storia e scienze sociali viene guardato con una miscela di
compassione e sufficienza: "Cosa farai da grande?", è la domanda
ricorrente che aleggia come una minaccia. Molti giovani umanisti finiscono per
compiere una scelta lacerante: tradire la propria vocazione originaria o
sopravvivere. E la sopravvivenza significa spesso convertirsi a discipline
tecniche contro la propria natura, pagando un prezzo altissimo in termini di
benessere psicologico. Si assiste così a una sorta di migrazione forzata:
filosofi che diventano project manager, laureati in lettere che si trasformano
in analisti di dati, storici che abbandonano la ricerca per inseguire impieghi
più "redditizi". Chi resiste viene relegato in nicchie sempre più
ristrette: insegnamento, ricerca precaria, collaborazioni occasionali. Un
destino che produce frustrazione, senso di inadeguatezza, depressione.
La società liquida ha sostituito la riflessione
critica con l'efficienza, il pensiero complesso con la logica del profitto
immediato.
Eppure, è proprio in quest'era tecnologica che c’è
bisogno figure in grado di comprendere le dinamiche umane, di decodificare le
narrazioni collettive, di riflettere eticamente sulle conseguenze delle
innovazioni: sono competenze più che mai cruciali.
La tecnologia ha bisogno di essere indirizzata,
compresa, contestualizzata. Non è questione di opporsi al progresso, ma renderlo
umano.
Il mondo necessita di chi sa leggere oltre i dati,
interpretare oltre le statistiche, immaginare oltre l'immediato, ma a
“qualcuno” non piace e si relegano ai margini i soggetti con tali
caratteristiche. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.