Il presunto cambio di rotta di Meta sul fact-checking.

A proposito del presunto cambio di rotta di Meta sul fact-checking.

I "sinistri" sono scontenti, per loro la censura è diventata da tempo uno strumento "progressista" e la libertà d'espressione un elemento potenzialmente pericoloso.

Sono davvero convinti che esista il mito dell'obiettività assoluta, che possa esistere un'entità super partes in grado di stabilire la "verità assoluta". Che un processo di verifica possa essere influenzato da interessi economici, politici o ideologici, non li sfiora.

Per loro il dialogo è inutile, non sia mai che possano emergere delle incongruenze nel confronto, che si possa stimolare il pensiero critico negli utenti evitando la creazione di "verità ufficiali" potenzialmente manipolabili.

Sono convinti esista un "totalitarismo buono", che esistano forme di censura giustificabili perché esercitate "per il bene comune".

Chi stabilisce cosa sia il "bene comune"? Come si garantisce che questo potere non venga abusato? Quale è il confine tra protezione e controllo?

A queste domande non sanno rispondere seriamente, ma per partito preso difendono il fact-checking dei vari Mentana e compagnia cantante.

Detto questo, non crediamo affatto che vi sia una rimozione dei fact checker su Meta. Non ci sarà alcun bilanciamento tra la necessità di combattere la disinformazione con il diritto alla libertà d'espressione. Il controllo centralizzato dell'informazione rimarrà tale, i perimetri sono sempre stabiliti da loro, provare per credere.

Il resto è la solita fuffa illusoria di chi vede Trump a cavallo che salverà l'umanità.