Divari generazionali

" Eh, io avevo già casa e famiglia alla tua età!". Quante volte abbiamo sentito queste frasi da parte delle generazioni precedenti? Costoro dimenticano che negli anni '70-'80 l'accesso al lavoro avveniva con requisiti formativi minimi, il potere d'acquisto degli stipendi era significativamente più alto, il mercato immobiliare era accessibile ed il costo della vita proporzionato agli stipendi. Oggi sappiamo che invece vi è una richiesta di alta formazione anche per posizioni generiche, estrema competitività nel mercato del lavoro, contratti prevalentemente temporanei o precari e affitti nelle città che superano il 50% dello stipendio medio. Le cause di questo deterioramento sono identificabili in precise scelte politiche ed economiche, quali la deregolamentazione del mercato del lavoro, con l'introduzione di forme contrattuali sempre più precarie (pensiamo alla legge Biagi, o al Jobs Act di Renzi), la mancata indicizzazione dei salari all'inflazione, che ha eroso il potere d'acquisto, la speculazione immobiliare incontrollata e l'assenza di politiche abitative pubbliche efficaci, il taglio progressivo al welfare state e ai servizi pubblici e la privatizzazione di settori strategici che ha causato aumento dei costi per i cittadini. La precarietà attuale non è quindi un fenomeno naturale o inevitabile, ma il risultato di precise scelte politiche. È quindi paradossale e profondamente ingiusto che proprio chi ha beneficiato di un sistema più equo, chi ha goduto di tutele lavorative oggi smantellate, chi ha potuto comprare casa con un mutuo sostenibile, chi ha avuto accesso a servizi pubblici efficienti, ora punti il dito contro i giovani accusandoli di "non avere voglia di sacrificarsi". La verità è che molti dei diritti e delle opportunità di cui hanno goduto sono stati gradualmente erosi proprio durante la loro gestione della società, mentre ora pretendono dalle nuove generazioni risultati impossibili da raggiungere in un contesto completamente deteriorato.