Tanti anni fa, a Savona, esisteva una giostra su cui
andavano tutti i bambini: si chiamava “Ciapilo ciapilo”, che in ligure
significa “acchiappalo”. Un pupazzetto veniva fatto volteggiare sulle teste dei
bambini che cavalcavano i cavalli della giostra; lo scopo era acchiappare il
pupazzo per ottenere un giro gratis.
A trent’anni di distanza, ripensare al “Ciapilo ciapilo” ci ha fatto venire in
mente come sovente ci si può sentire a vivere nel mondo dominato dal
tecno-capitalismo: per tutta la vita cavalchiamo cavalli di plastica e giriamo
in tondo, ancora e ancora. A volte gira la testa. Ubriacati di consumo, di
promesse e di sogni che fluttuano in aria. Secondo tanti antropologi e
sociologi, tra cui Margaret Mead ed Émile Durkheim, il contesto socio-culturale
in cui si cresce plasma, più della componente genetica, la personalità
dell’individuo e perciò la sua prospettiva sul mondo, la sua weltanschauung.
Fin da bambini si è destinatari di pubblicità che invogliano ad acquistare,
anche il tempo libero deve essere riempito con sport, giochi, film e
distrazioni varie; si riceve la ‘paghetta’ e si comprano Coca Cola e Goleador.
Da adolescenti è importante essere alla moda, frequentare le persone ed i posti
giusti, iscriversi ad una facoltà moderna in una grande città di tendenza. Da
adulti bisogna abitare in un certo quartiere, avere una certa posizione sociale
e ostentare un certo stile di vita.
Crescere nella società dei consumi instilla un modo di essere-nel-mondo, un
habitus, che assorbe gran parte delle persone, rendendole ingranaggi di un
sistema che ha come unico scopo potenziare se stesso e autoperpetuarsi. Il
sistema tecno-capitalistico è antropopoietico (anthropos: uomo; poiesis: dare
forma) in quanto è stato fabbricato dall’uomo per fornire modelli
socio-culturali di riferimento tali che plasmino i membri di una società
affinché questi ultimi si adattino. Si tratta di un processo uroborico in cui è
ormai impossibile distinguere tra inizio e fine, è un sistema inoltre che si
ciba di se stesso.
Eppure, anche per coloro che vorrebbero ‘’uscire dal sistema’’, farlo è
praticamente impossibile. In qualche modo si dipende da esso, spesso per varie
necessità. Scendere dalla giostra equivarrebbe a condurre una vita nei boschi
(neppure Thoreau resistette per più di due anni) e rinunciare ad obiettivi di
vita in cui si crede ancora.
Tuttavia girare in tondo alla lunga dà la nausea. Alcune soluzioni possono
essere il ripiegamento su se stessi: camminare e riflettere, lontano, nella
natura, lungo un sentiero. Ritirarsi, ogni tanto, nel silenzio e non tenere gli
occhi puntati sul “Ciapilo ciapilo”. Questo, lasciamo che lo facciano gli
altri.
AM