La massiccia campagna di acquisizioni estere delle
aziende italiane rappresenta un preoccupante depauperamento del nostro tessuto
industriale e produttivo. I numeri continuano ad essere allarmanti: solo nel
2024, ben 417 realtà imprenditoriali sono passate in mani straniere, per un
controvalore di quasi 35 miliardi di euro. Questo trend, lungi dall'essere
isolato, si inserisce in un processo decennale che ha visto quasi 3.000 aziende
italiane cedute all'estero, con una perdita di patrimonio industriale valutabile
in oltre 200 miliardi di euro. Quello che stiamo osservando è un sistematico
indebolimento della sovranità economica nazionale. Non si tratta semplicemente
di numeri su un foglio di bilancio: parliamo di "know-how",
competenze specialistiche, tradizioni imprenditoriali e posti di lavoro che
sono sottoposti a logiche da squali del capitalismo. Queste acquisizioni
mascherano l'incapacità del sistema-paese di proteggere e valorizzare il
proprio patrimonio industriale. Mentre altri paesi hanno sviluppato meccanismi
di tutela delle proprie aziende strategiche, l'Italia assiste passivamente a
questa emorragia di capitale produttivo. Decisioni cruciali per il futuro delle
aziende vengono prese in sedi lontane, con priorità che non coincidono con gli
interessi nazionali, dalla salvaguardia dell'occupazione al mantenimento delle
competenze sul territorio. Servirebbe una riflessione seria sugli strumenti
necessari per invertire questa tendenza, a partire dalle politiche industriali
che possano favorire il consolidamento delle imprese italiane, fino a un
ripensamento delle condizioni che rendono appetibili le nostre aziende per gli
investitori stranieri, spesso più interessati all'acquisizione di marchi e
competenze che allo sviluppo industriale del territorio. Ma questa situazione
va avanti da anni e non ha mai prodotto concrete e tempestive risposte per
tutelare il patrimonio industriale italiano. Quello che sanno fare i
politicanti nostrani sono solamente passerelle a danni compiuti o finti
proclami con i sindacati utili solo a placare gli animi. A conti fatti nulla
cambia. Un paese senza più industria? Nessun problema in futuro saremo tutti
influencer e tiktoker.
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