L'incidente del Passo Dyatlov

L'incidente del Passo Dyatlov è uno dei misteri più fitti ed intriganti degli ultimi 70 anni.

Molti conoscono quello che accadde in quella remota zona degli Urali, nell'allora URSS, agi inizi del 1959.

Nove uomini, nove esploratori (sette maschi e due donne) tutti con profonda esperienza a livello di scalate, fanno una brutta fine.

Capitanati dall'esperto ventitreenne Igor Dyatlov, il gruppo intraprese una missione esplorativa nel gennaio appunto del 1959.

Improvvise condizioni meteo avverse, costrinsero, da quello che si capì successivamente ad una deviazione sul percorso iniziale e ad un accamparsi ai piedi di una montagna dal sinistro nome di "montagna morta".

Tardando il loro arrivo nel punto di incontro prestabilito, nel febbraio partirono le ricerche e quello che si trovarono di fronte i soccorritori ha dato vita alle teorie del mistero.

Molte domande che hanno sempre trovato incomplete risposte.

La tenda che ospitava i nove componenti della spedizione era squarciata dall'interno e i corpi degli occupanti lontani da essa.

Sparpagliati nei dintorni.

Dalle tracce si comprese che i ragazzi si erano allontanati non solo con passo normale ma anche che avevano lasciato gli indumenti e gli effetti personali all'interno della tenda.

A circa cinquecento metri si trovavano i resti di un fuoco dove vennero trovati due copri seminudi e senza scarpe.

Altri tre corpi nudi vennero trovati nei paraggi del bivacco morti congelati.

Solo qualche mese dopo, quando la neve aveva iniziato a sciogliersi, i soccorritori trovarono i corpi degli altri esploratori nel corso d'acqua lì vicino.

Alcuni di loro, da quello che si capì dalle autopsie, morirono di ipotermia mentre sui corpi dei ragazzi trovati nel fiume erano presenti lesioni profonde al cranio e alle costole.

A una donna mancava la lingua e gli occhi ma senza segni evidenti di una qualsiasi forma di lotta.

Nel campo base vennero trovate le foto del gruppo che faceva notare sui volti dei ragazzi un'ansia crescente negli ultimi giorni di vita oltre ad un'altra foto inquietante di una figura indefinita nel bosco adiacente alla radura.

Molte sono le ipotesi che sono state formulate nel corso del tempo inerente a questo "incidente".

L'indagine finale parlò come causa di morte di "una forza naturale irresistibile" e questa vaga conclusione lasciò tutti sbigottiti e insoddisfatti.

Da qui il sorgere di una miriade di ipotesi ma tutte non complete e che lasciano aperte ancora oggi molte voragini di spiegazione.

Ecco perché il caso del Passo Dyatlov resta ancora oggi un mistero inspiegato che affascina ma anche atterrisce.

Per chi voglia approfondire in modo TOTALE TUTTA LA VICENDA, si consiglia il libro di Keith Mc Closkey dettagliato e preciso sia a livello di cronaca, che di indagine e anche per quel che riguarda tutto il ventaglio di ipotesi sulla causa di morte dei nove esploratori.

Ad ognuno, a fine lettura, la propria e personale conclusione.


                                                     OC

Transizione digitale

Nella scuola si fa un gran parlare di digitalizzazione. Quando poi si legge il Piano Scuola 4.0, in cui sono previsti visori per la realtà aumentata (AR) e aule immersive, sembra veramente che la trasformazione della scuola sia imminente. Nel 2021 col Pnrr sono stati destinati 800 milioni di euro per “promuovere un sistema di sviluppo della didattica digitale e di formazione del personale scolastico sulla transizione digitale”. Da quel momento nelle circolari, ai collegi docenti e nei corsi di formazione per gli insegnanti si fanno riferimenti spasmodici all’utilità dell’IA. Un vero e proprio lavaggio del cervello per convincere dell’ineludibilità della didattica digitale. Gli alunni, già alle medie, fanno corsi di coding e vengono pubblicati volumi intitolati “Lavorare sul genere a scuola con coding e robotica educativa” scritti da due ricercatrici di Indire (Istituto Nazionale Documentazione, Innovazione, Ricerca Educativa).
Le pressioni affinché la scuola cambi, sotto molteplici punti di vista, provengono dai tentacoli di vari enti privati, tra cui proprio Indire – sovvenzionato da associazioni private – che gestisce le prove Invalsi, i programmi di mobilità all’estero Erasmus+ ed i programmi di formazione per docenti e studenti. Questi enti che si nascondono dietro acronimi impossibili da decifrare sono una commistione di soggetti e di partecipazioni pubbliche e private così ingarbugliate che servirebbe un gruppo di detective per decriptare la trama del sistema. Solo per citarne una: il Direttore Generale di Indire è anche Presidente dell’Università Telematica degli Studi IUL. Ci sarà per caso conflitto di interessi?
Nonostante sembri che sia stata messa in moto una macchina che non lascia scampo all’umano carisma che caratterizza ancora alcuni docenti, i sistemi di IA da applicare alla didattica sono ancora molto indietro. Gli stessi informatici coinvolti nei progetti di HCI (Human Computer Interaction) affermano che si è ancora distanti dal riuscire a replicare a livello robotico le capacità percettive ed interattive dell’essere umano. Al momento l’IA non è in grado di classificare, trovare pattern e mappare grandi quantità di dati senza un grosso dispendio di energia. I vari progetti di transizione digitale della scuola stanno sicuramente generando profitti per alcuni sinistri soggetti e mensilità extra per alcuni docenti servi del sistema, ma per il momento, fortunatamente, il risultato concreto è un nulla di fatto.


                                                   AM

                                                  

La magia di "Nuovo Cinema paradiso"

 "Anche se il tempo passava, in tutte le donne che incontravo ho cercato solo te"

"Nuovo Cinema Paradiso" di Giuseppe Tornatore è un film che ebbe un debutto fallimentare ma che è diventato negli anni un classico del cinema.

Quello di "Nuovo Cinema Paradiso" è stato un percorso unico e meraviglioso, un film dato praticamente per spacciato alla sua uscita il 17 novembre del 1988.

Accolto timidamente l’anno successivo però al Festival di Cannes ottenne il Grand Prix Speciale della Giuria e l'anno dopo ancora ottenne l’ambito Oscar come miglior film straniero fino a diventare un classico del cinema mondiale.

"Nuovo Cinema Paradiso" è film che parla del passato e di un passato che si proietta nel presente.

È un film che affonda le radici nei ricordi ed in un passato di provincia semplice legato allo scorrere naturale delle cose.

Ovviamente non poteva mancare la musica del maestro Morricone che non funge solo da semplice accompagnamento agli episodi del film ma che restituisce allo spettatore l’esatta essenza della struggente vita del protagonista.

Il film non è una celebrazione nostalgica dell’arte cinematografica in senso stretto, si tratta un’autobiografia sognata attraverso il cinema stesso.

Il "luogo" principale" della narrazione è certo il cinema, sia quello fisco (la sala) che le emozioni delle proiezioni, ma poi, altra componente basilare, è l'essenza stessa di una società che riprendeva a sognare dopo la guerra.

Il cinema quindi inteso non semplicemente come svago ma come formatore della memoria collettiva.

E poi, nella seconda parte ecco irrompere l'altro elemento centrale: il ricordo.

Quel ricordo che non sbiadisce mai.

Quel qualcosa che si può accantonare in un angolo ma che mai diventa dimenticanza.

Un ricordo che è radicalità, identità, essenza e profumo.

"Nuovo Cinema Paradiso" è una vera e propria metafora di epoche che cambiano e che partendo da un posto sperduto si proiettano e sovrappongono sul mondo intero.

Basandosi sul concetto di tempo.

C’è il divenire ma anche l’assenza nel film di Tornatore.

Perché se il tempo non esiste, le vite delle persone e le idee potranno sempre incontrarsi.

Basta la magia dell’amore come dice Alfredo al piccolo Totò: "Qualunque cosa farai, amala, come amavi la cabina del Paradiso quando eri picciriddu"

Il messaggio di "Nuovo Cinema Paradiso" è un messaggio di nostalgia e di speranza.

Quella cosa che si è persa perché abbiamo abdicato alla "costruzione" delle passioni.

Che siano quelle legate ai rapporti comunitari o ai grandi amori del passato che non vengono mai dimenticati.

"Nuovo Cinema Paradiso" è uno di quei film che restano impressi nel cuore dello spettatore per tutta la vita.

Un cinema non fatto di calcoli e perfezione ma di emozioni forti. Un’ indelebile inno alla vita, ai legami e all’amore.

Alle cose che mai finiscono e che vengono condensate nella visione finale in cui la splendida avventura della vita, con tutto il suo carico di ricordi avvolgenti e di dolori insanabili, ci viene mostrata in quei baci finali proiettati sullo schermo a cui non possono sottrarsi le lacrime.


                                                OC

Momenti

Un tempo scattare una foto di famiglia, col partner, ai figli, era l'immortalare di momenti che sarebbero valsi come ricordi da sfogliare negli anni con i propri cari.

Con l'avvento dei social network si è capovolto tutto, non più una delicata funzione di eternare attimi ma una ricerca compulsiva di approvazione.

Si punta il dito sui giovani ma a noi pare che le generazioni più "vecchie" siano quelle messe peggio da questo punto di vista.

Leggiamo cose davvero imbarazzanti, coppie che vivono sotto lo stesso tetto farsi i complimenti e dialogare sui social, per mostrare al prossimo quanto sono bravi e affiatati.

Bambini spiattellati ovunque, foto di famiglia di ogni tipo e in generale condivisione costante della propria vita quotidiana sui social media che non può che riflettere problematiche interiori.

Questa continua esposizione della propria vita privata spesso maschera disagi, solitudine, ansia e depressione.

Pertanto invece di commentare sempre sotto le foto di questi soggetti "ma che bella famiglia che siete", "che bel bambino", "che bravi!", o peggio finire nei vortici dell'invidia per la finta felicità altrui, se siete loro amici piuttosto fategli comprendere che tutto ciò non è sano.

Basta esporre se stessi su questa immondizia digitale, alienante e finta.

La vita è altrove.




Anacronismo

Da un lato si parla delle grandi potenzialità dell'intelligenza artificiale che, parliamoci chiaro, potrebbe già ora sostituire gran parte dei lavori umani, dall’altro però non si molla il modello tradizionale di lavoro di otto ore al giorno con l'età pensionabile a 70 anni.

Regole pensate in una società totalmente diversa, continuano incredibilmente a persistere, sembrano tutti ipnotizzati.

Costoro parlano ancora di lotte sindacali, di orari di lavoro, di INPS, senza rendersi conto del punto in cui siamo e senza capire che i sistemi di previdenza sociale in auge sono stati progettati attorno a un modello di lavoro tradizionale per una società totalmente differente.

Invece di sedersi seriamente a un tavolo e prendere atto che il modello delle otto ore, delle pensioni dopo 40 anni è una roba completamente anacronistica, continuano a fare tira e molla, lo smart working non va bene, il giorno in meno a settimana è troppo, alziamo l’età pensionabile a 80 anni ecc ecc

Ma questi ci sono o ci fanno? Domanda retorica, ovviamente.

Bisogna cambiare immediatamente la percezione del lavoro e del tempo libero, questo può avvenire solo attraverso un cambiamento culturale profondo che sradichi concezioni obsolete, ormai insostenibili.

Vanno abbattute tutte quelle barriere sociali, economiche e culturali che rendono difficile una transizione rapida a nuovi modelli di lavoro e pensionamento.

Basta ipocrisia. Si affronti la realtà seriamente, che piaccia o non piaccia le regole vanno totalmente rifondate.

 



Elettrodomestici moderni

Oggi acquistare un elettrodomestico significa mettere in preventivo che dopo pochi anni bisogna comunque cambiarlo.

Li progettano così, la chiamano "obsolescenza programmata", ovvero fare durare i nuovi prodotti solo qualche anno.

Di recente osservavamo un frigorifero di 30 anni, funziona ancora alla grande senza dare alcun segno di cedimento. Oggi non è più possibile trovare apparecchi simili.

Per ridurre i costi di produzione, utilizzano materiali scadenti, per esempio plasticacce sottili e componenti elettronici di bassa qualità.

Non importa se si spendono 2000 o 200 per una lavatrice, tanto dopo qualche anno bisognerà sostituirla.

C'è poi la questione delle classi energetiche per cui si consuma meno a discapito della durata del prodotto. Poi certo, c'è anche il discorso della complessità tecnologica, poiché gli elettrodomestici moderni hanno funzioni sempre più avanzate (spesso inutili) che possono fare aumentare il rischio di guasti ma in realtà dietro tutto c'è solo la grande cultura del consumismo che punta a "stimolare" il mercato.

Si promuovono prodotti costosissimi (in comode rate, per indebitare perennemente la gente) da "cambiare" ripetutamente nel corso di pochi anni.

La riparazione? Non serve più. Bisogna buttare e riacquistare, d'altronde c'è a disposizione il nuovo elettrodomestico che canta, rutta, scoreggia e balla ed ha una classe energetica alta!

A che serve riparare quell'obsoleto prodotto acquistato giusto qualche anno fa?

"Produci, consuma, crepa".




La rivoluzione silenziosa indicata da Ivan Illich

"Esperti di troppo" di Ivan Illich è un libro da leggere, ci invita a ripensare il nostro rapporto con i cosiddetti “esperti”, con le istituzioni e con la tecnologia.

Illich propone una "deprofessionalizzazione", ovvero un recupero delle competenze da parte delle persone comuni poiché la professionalizzazione di vari settori, come la medicina (“Nemesi Medica”), l'educazione (“Descolarizzare la società”) e la tecnologia in generale ha causato una dipendenza da parte del popolo nei confronti degli “esperti”.

Perdendo competenze pratiche, le persone difatti diventano passive, delegando il controllo della propria vita agli “esperti”, ecco che allora Illich propone un ritorno a forme di conoscenza più decentralizzate e accessibili, che spiega dettagliatamente nel libro.

Per Illich vi è una necessità impellente di abbattere le barriere tra gli “esperti” e la popolazione, mettendo in discussione una società in cui il valore delle persone è misurato in base alle qualifiche.

Per il filosofo austriaco bisogna riscoprire competenze pratiche e conoscenze tradizionali, attraverso una istruzione basata su esperienze dirette.

La dipendenza dagli "esperti" sforna persone incapaci di risolvere problemi senza che intervengano questi ultimi, ecco che entra così in gioco il legame tra conoscenza e potere, poiché man mano che gli esperti guadagnano autorità, il potere decisionale si sposta sempre di più verso le loro istituzioni, creando un sistema in cui gli individui diventano impotenti.

Negli anni pandemici tra il 2020 e il 2023 abbiamo potuto vivere in prima persona i rischi di cui ci parlava Illich, nel momento in cui gli esperti dicevano al popolo le cose più astruse, dai caffè in piedi mascherati ma seduti no, alle scuole in maschera sui banchi, ai finestrini in auto, al divieto di sport, alla chiusura delle altalene dei bimbi, alla disinfestazione delle spiaggie e l’elenco sarebbe davvero lunghissimo. Cosa accadde? Esattamente impotenza da parte del popolo, quella di cui ci metteva in guardia Illich, “perché lo dicono gli esperti, sei per caso virologo tu?”.

Recuperare le sue opere oggi è necessario per riflettere sul significato dell'autonomia individuale e collettiva in un mondo sempre più mediato da esperti e tecnologie.

La "rivoluzione silenziosa", così la definiva Illich, avverrà quando le persone inizieranno a prendere coscienza della propria autonomia e a rifiutare la dipendenza dagli “esperti” in modo tale da resistere a forme di controllo che limitano la loro libertà.


 

La caduta del Muro di Berlino

Sono trascorsi 35 anni dalla caduta del Muro di Berlino.

Le immagini di quella notte del 9 novembre resteranno per sempre nella memoria.

Il muro che cade e i berlinesi dell'Est che passano ad Ovest attraverso il famoso Check Point Charlie, una città sommersa da una massa umana fatta di colori, emozioni, curiosità, frenesie, rivincite.

Berlino "città aperta", la disintegrazione della "Prussia rossa", le tavole di Yalta fatte a pezzi, la Storia che espugna il comunismo come una ipotetica Bastiglia e brucia i fantasmi del passato.

Perché la fine del Muro, che appunto simboleggiava la Guerra Fredda nella sua interezza, di questa cicatrice che tagliava in due l'Europa post bellica è un qualcosa che va al di là della mera rappresentazione storica.

Da lì a poco il signor Douglas Pearce intitolò un suo disco "cosa rimane quando i simboli si frantumano?".

Infatti, al di là della gioia per la fine di un oltraggio, chi sapeva guardare oltre il contingente si rese conto che il mondo non solo non sarebbe stato più lo stesso ma che si sarebbe trasformato in qualche cosa di solo apparentemente migliore.

Dando libero sfogo a quel capitalismo di matrice americana e senza un contrappeso a frenarne la diffusione, si sarebbero espanse ovunque le forze altrettanto o addirittura peggiori del socialismo reale.

Ne parlò profeticamente già Evola in un breve saggio del 1929 che vi invito a cercare e a leggere per chi non ne fosse a conoscenza.

Forze, quelle del capitalismo, che al contrario di quelle del bolscevismo sono più subdole, più latenti, ammantate di lustrini e neon luccicanti.

Queste forze negative, non avendo freni, avrebbero non solo ammaliato tutti ma avrebbero reso chiunque (o quasi) dei perfetti "schiavi felici".

Il modo in cui viviamo ORA è figlio di quel crollo e della fine di un equilibrio. Un mondo post nichilista, senza simboli, senza eroi, senza punti di riferimento, senza ideali ma solo con codici fiscali e codici a barre.

Questo sarà il nuovo muro da abbattere per le giovani generazioni europee.

Il muro del capitalismo transnazionale, del liberismo, del potere dei media, dell'atlantismo, della NATO, delle multinazionali del farmaco e del petrolio, dell'unione europea, della BCE, dei burocrati di Bruxelles, delle ONG, della sostituzione etnica, della cultura woke.

Per tutti gli altri ci sono Mentana, Formigli, Gruber, Fazio e la De Filippi.


OC

La vittoria di Trump

A differenza delle precedenti elezioni americane, sembra che questa volta vi siano stati, da parte dei supporter di Donald Trump, minori attese messianiche e un entusiasmo più pacato e realista nei confronti della vittoria del proprio fronte. I toni della sinistra, invece, sono stati come sempre drastici e scomposti, vagheggiando di catastrofi economiche e fine del mondo mentre saranno alle prese per mesi con la complicata elaborazione di una sconfitta per loro impensabile e incomprensibile. Detto questo, vorremmo chiedere agli uni e agli altri: cosa vi entusiasma di Trump? Che cosa vi terrorizza di Trump? Perchè nella sostanza, dal nostro punto di vista, realmente cambia ben poco. Che sia la forza del capitale transnazionale e smaterializzato a vincere, o quella del capitale dei gruppi di interesse nazionale e degli oligarchi, poca differenza fa: sono sempre due stadi del capitalismo avanzato che convergono quindi verso gli stessi obbiettivi, a breve o lungo termine. Perchè non esiste un capitalismo buono, ma solo uno spregiudicato e uno prudente. Da questo punto di vista, Trump non è una battuta d'arresto nei confronti del tentativo di instaurazione del sistema neoliberista occidentale su scala planetaria, ma solo un cambio di passo, una fase del suo consolidamento. Progressismo e conservatorismo sono due facce della stessa medaglia.




Pasquale Festa Campanile: nuove versioni della commedia all’italiana.

Pasquale Festa Campanile è stato uno tra i registi italiani che con il suo particolare stile ha contribuito alla storia di quel genere che ha caratterizzato il cinema italiano dalla fine degli anni Cinquanta: la commedia all’italiana.

La commedia all’italiana esplode proprio all’inizio di quel periodo di (apparente) prosperità che è stato definito come boom economico (1957-1963) e si pone come obiettivo quello di rappresentare la realtà di una società, quella Italiana, che nel mutare la sua economia stava mutando il suo stile di vita. La commedia all’italiana si pone l’obiettivo di narrare questa nuova realtà attraverso le virtù, ma soprattutto i vizi, degli italiani in una chiave ironica e con un tono agrodolce. Questo genere però prosegue ben oltre gli anni del boom e pian piano ingloba i nuovi mutamenti che la società italiana attraversa a vari livelli.

Il lavoro di Pasquale Festa Campanile si inserisce proprio in questo secondo periodo, e in particolare è dalla metà degli anni Sessanta che il regista sviluppa una sua personale versione della commedia all’italiana: il genere viene rivisitato in chiave erotica. Le sue commedie sono state definite del critico e storico cinematografico Gian Piero Brunetta come film dalla raffinata impaginazione tipica da riviste maschile. In generale, da un punto di vista dell’immagine, l’effetto patinato è effettivamente assicurato da costumi e set interni eleganti e modernissimi in linea con design e moda in voga dalla seconda metà degli anni Sessanta. Ma la variante erotica della commedia all’italiana di Festa Campanile spesso va oltre una semplice raffinatezza estetica volta ad attrarre il pubblico maschile, il regista infatti introduce personaggi femminili che non solo non mancano di classe, ma che soprattutto propongono sullo schermo modelli femminili differenti dal passato, per carattere, stile di vita, fisicità e abbigliamento. La raffinatezza di ambientazioni, costumi e narrazione serve al regista per precorrere sullo schermo temi per i tempi abbastanza scottanti perché legati ad una nuova libertà di costumi in campo sentimentale e sessuale; una libertà che ai tempi veniva vista dai più, dentro e fuori dal mondo del cinema, in maniera distorta. Per questo motivo Festa Campanile, come altri registi dell’epoca, deve scendere a compromessi per potere, ad esempio, raccontare la storia di una giovane italiana che segue un vento di liberazione dei costumi. Il compromesso sta nell’utilizzare un’attrice non italiana, per raccontare però la storia di una nuova generazione di italiane. Una scelta obbligata per tacitare la sempre presente ipocrisia della morale di tanto cinema italiano che preferiva che le sue attrici, soprattutto le più note, non venissero associate a questo nuovo stile di vita.

Un esempio tra le opere di Festa Campanile rappresentativo di questo stile e di tutte queste istanze è La Matriarca (1968), interpretato proprio da un’attrice non italiana, la francese Catherine Spaak. Il film narra la storia di una giovane e bella vedova, Mimmi, che dopo aver scoperto che il marito intratteneva diverse relazioni con altre donne, sperimentando con loro varie pratiche sessuali, decide di provare anche lei nuove esperienze. Mimmi però si avvia a queste esperienze in maniera quasi scientifica prendendo spunto dal libro Psychopatia Sexualis di Krafft-Hebing.

Questo testo è stato non soltanto il primo di carattere scientifico ad offrire un quadro di tutti i comportamenti sessuali secondo una analisi psicologica, ma aveva attirato l’attenzione di un più vasto pubblico perché trattava in maniera accademica, tra gli altri, temi come il sadomasochismo e il feticismo, pratiche ritenute fino ad allora semplici deviazioni. Festa Campanile, proprio grazie al suo stile patinato e all’ispirazione letterario-scientifica, fa affrontare tali pratiche alla sua raffinata protagonista senza mai dimostrare alcun pregiudizio. Il classico lieto fine, sebbene nello stile di Festa Campanile, c’è: Mimmi si risposa, ma il suo nuovo marito (Jean-Luis Trintignant) non è un uomo ancorato alla morale borghese e dichiara che l’unica cosa veramente rivoluzionaria è amare qualcuno.




                                                  MLS