Rimbaud e "l'alchimia del verbo"

Il 20 ottobre del 1854 nasceva a Charleville, piccola città francese, uno dei più grandi poeti dell'epoca moderna.

Il primo poeta "rivoluzionario", lo studente modello a livello scolastico ma decisamente controcorrente nell'analisi della realtà, Rimbaud l'irrequieto che sogna la fuga dalla sua piccola città natia. Quella del poeta francese è proprio la ricerca, materiale ed artistica, di una "fuga". Di una "fuga" dal presente e dalla rigidità delle convenzioni artistiche.

Un poeta che guarda al futuro, un creatore di opere che anticipino il mondo a venire.

Un artista che deve essere e deve farsi "veggente" ed attraverso la poesia arrivare alla conoscenza.

Il percorso di Rimbaud è votato alla volontà di superamento dell'umano immergendosi nella natura, nella vita e nelle contingenze storiche.

Tutto ciò che lo circonda appare come un turbinio di immagini senza senso e occorre un modo per ordinarle e comprenderle. Un processo per decodificare l'ordine profondo che regola la vita e la morte, i successi e le sconfitte, l'estate e l'inverno, tutto ciò che è accaduto e che accadrà.

È la parola al centro del suo cammino, la parola usata come mai prima di allora, la costruzione di un mondo fatto non di contorni squadrati ma da visioni che si perdono nella forma di colori cangianti, "ebbri", di paesaggi stupefacenti e di discese stravolgenti.

Si assiste dunque alla elaborazione di un nuovo modo di comunicazione. La cosiddetta "alchimia del verbo".

Come i miti, come le parabole, e le fiabe che hanno il compito di far arrivare l'ascoltatore al mondo dei principi attraverso la parola e il coinvolgimento emotivo.

Spetterà poi alla razionalità il chiarimento delle presunte contraddizioni e la disposizione degli avvenimenti nella giusta luce. Ma in ogni caso si tratta di "illuminazioni" che non tutti riescono a cogliere. Una potenza immaginativa non per tutti. Bisogna "elevarsi".

L'uomo "dalle suole di vento" in realtà l'aveva previsto forse dal giorno stesso in cui si era messo in cammino e aveva deciso di provare a vivere mille vite spese tutte nel tentativo di dare all'esistenza un senso inaudito.

In questa "illuminazione" pare che Rimbaud sia proprio riuscito ad intuire l'essenza della limitatezza del meccanismo sensoriale umano. Dove ogni ingranaggio emotivo si trova a ripetere sempre le stesse azioni.

Holderlin, diceva che i veri poeti si rivelano per la maggior parte all’inizio e alla fine di un’era.

Ed infatti Rimbaud è il primo poeta di una civiltà non ancora apparsa, civiltà i cui orizzonti e i cui limiti appaiono ancora incerti perché collocati in un mondo "altro".

Lo strumento poetico di Rimbaud è un atto di ribellione a quell’Occidente vuoto, contento di sé, secolarizzato e senza forza che ha perso perfino l’istinto di conservazione e il desiderio della bellezza.

E questo suo desiderio ribelle fugge libero indifferentemente sia dal passato che dal futuro.

Non si stabilisce, non si situa in un tempo storico.

È solo un vortice basato sulla modalità della nostalgia o del desiderio, che ci trascina e ci sottomette.

Alla ricerca di una liberazione a cui lui arrivò quando capì che tutto era compiuto e abbandonò la vita poetica.

Una missione espletata in pochi anni.

La porta della prigione era aperta, ora bisognava solo correre nel sole d'Africa, nelle sue distese infinite.

L'opera di rottura e negazione era stata compiuta.

La fine avvenne presto, attorno ai 20 anni il momento del distacco.

Lasciò agli altri la chiave per la libertà.

La fusione completa tra il sogno ed il desiderio.



                                                    OC