Reductio ad unum

Una tesi piuttosto consolidata e diffusa della teoria delle relazioni internazionali è che le ideologie non siano il movente di iniziative e attriti nazionali, bensì i meri rapporti di forza. L'ideologia, invece, sarebbe utilizzata secondariamente presso le masse e l'opinione pubblica come fattore mobilitante e aggregante e legittimante. In sostanza, solo la volontà di acquisire influenza o preservare l'egemonia nella propria sfera di interesse sarebbe alla base della prassi politica, mentre l'ideologia sarebbe un artefatto culturale utile ad imbonire le masse al fine del consenso. A ben guardare, tuttavia, questa tesi che sembra scalzare in un unico movimento tutta la complessità dell'elaborazione politico-ideologica storica, unificando l'intera umanità grazie a un movente che si vorrebbe pre-ideologico, non fa che riproporre il problema su un altro piano, denunciando la propria natura proiettiva ed etnocentrica. Ci si chiede infatti, la volontà di prevalere all'interno di una dinamica o di un equilibrio di rapporti di forza, non è a sua volta ideologia? Più specificamente, non è espressione di quella volontà di potenza che Nietzsche eresse a cifra dell'Occidente, e che sembra animare qualsiasi politica imperialistica e predatoria moderna? E a sua volta, la volontà di annullare la portata storica di qualsiasi ideologia per affermare la nuda volontà di potenza non è una forma di nichilismo attivo che conferma la vocazione nichilista dell'Occidente? In tal caso ci troveremmo di fronte non alla rivelazione che le ideologie sono prodotti culturali, ma che l'ideologia è tutto, e che quando si nega, lo fa a partire da istanze ideologiche, e che l'Occidente - come sempre - si rivela incapace di comprendere l'altro da sè, manifestando costantemente la sua tendenza alla reductio ad unum.