Esattamente sessant’anni fa fu presentato “Per un
pugno di dollari” di Sergio Leone.
Ambientato in Messico ma realizzato in Spagna ed
interpretato da un divo di telefilm western americani completamente sconosciuto
in Italia (Clint Eastwood) e da attori nostrani sotto pseudonimi (l’immenso
Gian Maria Volonté venne battezzato John Wells) il film di Leone non piacque
all’inizio ai critici e uscì senza clamori pubblicitari.
Eppure il film in questione apparve fin dall’inizio
come un punto di rottura all’interno del panorama cinematografico.
Fu il pubblico a tributare il giusto successo ad una
pellicola entrata prepotentemente nell’immaginario comune.
Un’autentica sorpresa, un prodotto “outsider” della
settima arte.
Il successo del film fu strepitoso e fu determinato
da semplici fattori: marcato realismo, azione allo stato puro, una violenza
aspra e selvaggia.
E poi c'era l’eroe, un eroe con nuove
caratteristiche. L’iconico Clint Eastwood che non era il classico eroe “senza
macchia e senza paura” ma un misterioso pistolero che compare dal nulla e nel
nulla sparisce.
Quasi capitato per caso in un ambiente polveroso ai
confini del mondo.
Un eroe fatto della stessa pasta dei suoi avversari.
“Il western era ormai arrivato alla fine degli anni
‘50 ad un tal punto di romanticismo che aveva perso la sua autentica
fisionomia”.
Così disse Leone nel commentare il suo capolavoro ed
in effetti “Per un pugno di dollari” rappresentò una novità assoluta
decodificando gli stilemi di un genere che aveva ormai esaurito la sua spinta
propulsiva.
Il western fu per il regista romano, solo il veicolo
per mettere in mostra il suo talento e raccontare delle fiabe crude.
Tra primi piani spinti, poche parole, scarsi
dialoghi e occhiate furtive prese forma un classico che non tramonta mai e che
diede vita ad un genere, il cosiddetto spaghetti western, che ancora oggi viene
venerato e studiato in tutto il mondo.
Il resto lo fece la colonna sonora immortale del
maestro Morricone, vecchio compagno di scuola a Trastevere dello stesso Leone.
Morricone inventa un nuovo stile e diventa lui
stesso insieme alle sue note, presenza fissa e inscindibile della storia
cinematografica dello stesso Sergio.
Un connubio di immagini e musiche che si staglia
eterno e irraggiungibile sulle vette del cinema mondiale.