Amore e morte, Eros e Thanatos, sono due archetipi
che universalmente sono considerati indissolubili, due aspetti complementari
della radice di ciò che consideriamo esistenza. Senza entrare nel merito degli
aspetti metafisici, simbolici, culturali di tale connubio, possiamo dire che da
sempre l'uomo considera morte e amore le più fondamentali esperienze di
trascendenza possibili, ossia di oltrepassamento dell'individualità limitata e
di ingresso in una dimensione altra e preclusa alla coscienza ordinaria. Due
forme affini e integrative di esperienza del sacro, insomma. Nella nostra epoca
amore e morte sono presenti nella tipica forma parodistica della postmodernità.
Innanzitutto come spettacolo, ossia come immagine di cui ci si nutre in quanto
oggetto insignificante di consumo. Secondariamente come simulacro narrativo,
ossia come racconto di realtà inesistenti, che però interagiscono con la realtà
concreta e diurna influenzando in maniera palese gusti ed opinioni. Infine nel
processo di inversione e capovolgimento, che nel caso specifico significa
trasformare due possibilità di autotrascendimento in esperienze che incatenano
e condannano all'immanenza e alla bassezza. Non serve ricordare a cosa siano
ridotti l'amore e la morte nella narrazione mediatica popolare, che poi è
quella che esprime al meglio la maieutica del potere. Interminabili sequele di
cronache di insignificanti storielle da rotocalco che hanno la controparte in
morbose narrazioni di morti violente o fatali, spettacolarizzate ad uso e
consumo degli appetiti del tipico spettatore televisivo, anestetizzato e
insensibile a qualsiasi stimolo che non sia puramente genitale o viscerale. Per
non parlare del modo in cui l'intrattenimento pseudo-artistico (musica, cinema,
letteratura), nelle sue espressioni indirizzate ai consumi di massa, prende ad
oggetto tali temi in forme stereotipate, meschine e palesemente caricaturali.
Difficile non intravvedere in tali manifestazioni una sorta di volontà
eterodiretta, per quanto occulta e subcosciente, tendente a svuotare e
banalizzare nell'immaginario comune due tra le più importanti vie che conducono
l'uomo oltre se stesso, in direzione delle sue possibilità più alte e nobili.