Il circo demenziale di Eli Roth

 

Cabin Fever è il bizzarro esordio in regia di Eli Roth.

Incredibile come il film in questione fu scambiato per uno dei tanti teen horror che infestano costantemente le sale cinematografiche. Prodotto da David Lynch e con musiche di A.Badalamenti, Cabin Fever è un horror grottesco, volutamente demenziale.

Eli Roth nel 2002 non si ridusse solamente a girare una sorta di parodia del genere teen-horror colma di tributi e richiami a film del passato.Il suo fu piuttosto l'inizio di una ricerca filmica(continuata poi con Hostel) sulle ossessioni, le paranoie, le ansie ed il grottesco. Il tutto venne travestito con un abito da teen movie, motivo per il quale lo spettatore veniva completamente disorientato, rendendo così ancora più diabolica l'osservazione e la ripresa di Roth sull'apparente sanità mentale della società contemporanea.

La trama vede dei ragazzi che decidono di passare un week-end in uno chalet in un bosco. Tutto pare andare per il verso giusto, finchè giunge a chiedere aiuto un uomo gravemente malato, ed un suo virus comincia a contagiare velocemente anche il gruppo..

Tutto il film è composto da un continuo citazionismo Tarantiniano che funge da tessuto narrativo. Abbiamo difatti un casolare(S.Raimi), la mutazione della carne(D.Cronenberg), un contagio(Carpenter, Romero), una popolazione di contadini buzzurri(J.Boorman),un collettivo di teenagers dementi(Craven) e comparsate di conigli(D.Lynch).

Il climax generale del film è debitore ai lavori più importanti di Tobe Hooper (Deathtrap, The texas Chainsaw Massacre, The Funhouse), mentre da Lynch sembrano invece giungere tutte le caratterizzazioni dei personaggi che compaiono nelle varie sottotrame, così come da lui pare arrivare anche la sceneggiatura "incoerente", le sequenze troncate a metà ed i dialoghi no-sense tra gli attori.
Il resto però percorre altre strade ed attraverso rimandi filmici molto circostanziati, si tratteggia un quadretto di umanità desolante.

I cinque amici, a poco a poco che il virus si espande, diventano delle bestie, pronte a sbranarsi l'uno con l'altro pur di evitare il contagio.
"Mors tua vita mea", l' unico obiettivo diviene quello di sopravvivere a costo di dare addosso alla propria compagna o al migliore amico. Un crescendo di tutti contro tutti in cui trovano posto sceriffi fuori di testa e gente del posto che ad aiutare lo straniero non ci pensa minimamente..

Cabin Fever si rivela una metafora della società moderna raccontata attraverso l'allegoria del virus che contagia chiunque, creando attriti, paure e mettendo in luce l'ipocrisia di fondo delle persone. Le donne divengono solamente carne morta, l'amicizia e l'amore crollano in maniera imbarazzante.
Il cinismo e la lucidità di Roth nel rappresentare un' umanità votata alla totale idiozia attraverso l'autodevastazione è a dir poco straordinaria.
Il circo messo in piedi dal regista americano è allo stesso tempo comico e amaro, ci si immerge in una spirale di crudeltà ed egoismo, nascosta sotto un originale veste horror-demenziale.
La decomposizione progressiva del corpo va di pari passo con il delirio ed il grottesco della narrazione e ad un certo momento sembra di ritrovarsi di fronte ad una collaborazione cinematografica tra un un Cronenberg autoironico, un Lynch ubriaco ed un H.Gordon Lewis in vena schizzoide.

Gli effetti speciali sono di buon livello, così come la fotografia molto spesso direzionata sul rosso acceso. I movimenti di macchina sono fluidi ed eleganti e gli effetti speciali risultano credibili nella loro spasmodica ed ossessiva rappresentazione delle piaghe della pelle e della sua putrefazione.

Così tra paesaggi trash, stacchi in frame velocissimi di immagini, giustizieri bifolchi dai buffi dialoghi, echi Coeniani e Russeliani, il film volge al termine tra deliranti flashback di massacri e conigli giganti, per poi mostrare un finale geniale e strampalato.