“Ci sarà bisogno certamente di gesti
nuovi, spettacolari e simbolici per risvegliare dalle sonnolenze, scuotere le
coscienze anestetizzate e risvegliare la memoria delle nostre origini. Entriamo
in un’epoca nella quale le parole devono essere rese autentiche dagli atti”
Il 21 maggio del 2013 per chi segue le vicende
metapolitiche della nostra vecchia cara Europa non è una data qualunque.
Il 21 maggio del 2013, a Parigi, sacrifica la
propria vita a 78 anni, lo scrittore francese Dominique Venner.
Da alcuni definito “il samurai dell’Occidente” in
onore di un suo celebre libro.
Scelse un luogo altamente simbolico per questo suo
gesto estremo, l’interno della Cattedrale di Notre Dame.
Nel primo pomeriggio, entrò nella cattedrale simbolo
di quella civiltà cristiana occidentale che lui riteneva minacciata, si mise la
pistola in bocca e si sparò.
Un gesto estremo, un urlo lacerante lanciato all’Europa intera ed ai suoi cittadini, nello stesso modo di Mishima, di Ian Palach o Alain Escoffier, con le stesse modalità e con lo stesso tragico epilogo.
La decisione di togliersi la vita come gesto di
protesta e di fondazione ebbe una gestazione lunga e meticolosa.
Sbaglia chi colloca Dominique Venner in modo
semplicistico all’interno di un alveo politico.
Avendo imboccato il nuovo secolo, la battaglia non è
più ideologica ma metapolitica.
Il giovane politico degli anni giovanili lasciò lo
spazio allo scrittore, allo storico meditativo come amava definirsi.
Credeva nell’etica, nelle radici europee, nel bello,
nella compostezza e nella riscoperta delle nostre tradizioni ataviche.
Il ritorno, per averli perennemente come punti di
riferimento, ai pilastri della formazione europea: i miti iperborei, l’Iliade,
l’Odissea o il sacro mito delle origini di Roma.
Venner era uomo equilibrato ma deciso, pacato ma intransigente
su cosa doveva fare l’Europa per non morire definitivamente.
Era un “alieno” lo scrittore francese, alieno perché
cercava nel mondo classico l’antidoto per sopravvivere alla decadenza moderna
ma anche uno slancio per superare la crisi e gettare le basi per una nuova
civiltà.
Alieno perché in una cultura omologata e lanciata
verso il futuro, nella società dei consumi, della globalizzazione e del
meticciato culturale e sessuale, parlare di nobiltà di Spirito e di altezza
dell’Anima è una pratica avulsa
Sbaglia chi lo definisce un “disperato” perché
dovrebbe di conseguenza dare lo stesso appellativo a Mishima che come lui si
“sacrificò” per scuotere coscienze ed aprire cuori.
Come lo scrittore giapponese ritenne che un popolo
che dimentica il proprio passato è destinato a morire, e di conseguenza anche
lui cercò di contrapporre una negatività (la rinuncia alla vita materiale e
terrena) al nichilismo moderno.
Una contrapposizione netta, un gesto equiparabile ad
una fiamma che si leva nell’oscurità, ad una pira potente che si innalza nella
notte dell’Europa, per indicare un cammino necessario per non perire e per
gettare le basi di un nuovo inizio e per rivitalizzare quella Tradizione che
per Venner era “la sorgente delle energie fondatrici”.
Ribadendo che “la Tradizione non è il passato, ma
al contrario ciò che non passa e che sempre ritorna in forme diverse”
OC