Le rivoluzioni - tanto sociali, politiche, che
militari - ossia i cambiamenti radicali di status quo, tendenza o equilibrio
tra parti, non sono mai fenomeni spontanei, nè si esauriscono nel visibile.
Sono piuttosto l'epifenomeno del lungo lavorio di processi carsici che
affiorano e si compiono nella svolta rivoluzionaria; il cambiamento non è
l'esito di tale svolta, bensì la sua causa. Nulla cambia che dietro le grandi
rivoluzioni vi sia la regia di élite in ombra che organizzano le masse
simulando la spontaneità del fenomeno rivoluzionario: senza un'adeguata base di
consenso diffuso e distribuito nessun cambiamento può essere realizzato e
stabilizzato. La base di ogni reale cambiamento politico e sociale è null'altro
che un cambio di paradigma culturale condiviso. Questo è il motivo per cui le
armi più potenti che esistano nell'epoca della società di massa sono quelle
intese a generare il consenso, ossia l'educazione, l'informazione e la
propaganda. Il sistema contiene il momento rivoluzionario al suo interno come
atto di fondazione e affermazione di un ordine che, in realtà, è già
predisposto prima di tale atto e di tale affermazione. In altre parole, prima
che si manifesti concretamente, il cambiamento è già avvenuto; prima del varo,
la nave è già stata costruita. La rivoluzione politica e sociale sancisce la
rivoluzione culturale, ossia il cambio di paradigma; mai il contrario. La prima
non ha alcun potere sulla seconda: senza un cambio di paradigma qualsiasi
preteso evento rivoluzionario non fa che perpetuare il medesimo. Chi pretende
di cambiare il sistema mediante una rivoluzione sociale, politica o militare
non comprende che questi momenti sono strutturalmente pre-posti e
pre-determinati dal sistema stesso. In cerca di risposte, dopo esserci chiesti
quale sia l'azione efficace, ora vale la pena chiedersi anche chi sia il
soggetto plausibile di tale agire.
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