“Il silenzio degli innocenti” di Jonathan Demme non
è solo un thriller classico dai risvolti orrorifici ma anche un percorso
disturbante attraverso le zone infernali della mente umana, è un film sul
"fascino del male".
Poche volte è capitato ai cinefili di immedesimarsi e provare una certa attrazione morbosa per il male come quella che si ha nei confronti di uno dei “cattivi” per eccellenza della storia del cinema: Hannibal Lecter.
La storia del film, basata sulla caccia al serial
killer Buffalo Bill, è una lunga seduta psicoanalitica. Troviamo l'agente
Starling (una grande Jodie Foster) alle prese, in un confronto costante, con il
conturbante dottor Lecter (un magistrale Anthony Hopkins).
Il ruolo predominante spetta allo psichiatra maniaco
Hannibal Lecter usato come "consulente" poichè capace di interpretare
il modus operandi del ricercato.
Ma Lecter è attratto "intellettualmente"
dalla giovane recluta e ciò fa sì che si instauri una particolare alleanza
mentale tra Clarice (poliziotta dalle umili origini che cerca un riscatto
personale) e Hannibal (uomo erudito e dai modi gentili che ascolta musica
classica, sogna di visitare Firenze ma che si cibava di carne umana
accompagnandola con un buon Chianti).
In questa costante oscillazione tra inferno e
paradiso i due, in una parte della pellicola superba, sono separati solo da una
sottile e trasparente lastra di vetro.
Una separazione che come un diaframma divide due
mondi.
Quello della paura dell'ignoto e l'ignoto stesso.
Anzi, le tenebra.
L'abisso, per usare un termine caro a Nietzsche.
L'indagine su Buffalo Bill è solo una impalcatura
esterna perché la vera struttura della storia è la "ricerca" dei
protagonisti.
Da parte di Lecter una possibilità di soddisfare le
sue morbose indagini di archeologo dell'animo umano. Di chi si compiace di
ammirare la sofferenza dell'altro. Nonché cercare una via di fuga materiale
dalla prigione. Perché quella mentale già è avvenuta.
Il dipinto del panorama di Firenze è un qualcosa che
è lì a dimostrarlo. Uno sguardo che va oltre il muro del sotterraneo dove è
rinchiuso.
La ricerca da parte di Clarice è solo quella di
redimere il suo senso di colpa latente.
Anche lei usa la vista, la vista interiore, per
cercare di riuscire a vedere dentro se stessa. Usando esclusivamente i suoi
ricordi e la sua forza d'animo. Per superare traumi e superarsi.
Clarice è un giovane agente coraggiosa ma altamente
sensibile che subisce ma accetta il conflitto tra paura e fascinazione nei
confronti di Lecter che riesce a farle sviscerare i suoi pensieri più profondi
e il rimorso di un’infanzia complicata.
Un confronto tra la parte semplice ed innocente
dell'animo umano ed il suo doppio speculare, quell'orrore assoluto incarnato da
chi è il divoratore perfetto che si nutre degli incubi di tutti gli uomini: i
traumi psicologici.
Il giudizio su "Il silenzio degli innocenti” dopo
molti anni resta inalterato. Un capolavoro brutale di raffinata precisione
sulle dinamiche psicologiche che s’instaurano tra morale, giustizia e
attrazione verso l’impensabile e l’indicibile.
OC