“Uomo sbranato da rottweiler mentre faceva jogging”.
L’ennesima notizia identica.
Che cosa si può ancora dire di fronte a tali
scenari?
Il dramma (perché di dramma si tratta) passa presto in cavalleria, e tutti tornano allegramente a gestire i loro cani come se nulla fosse.
“Gestire” è già una parola grossa, perché la stragrande maggioranza dei proprietari di cani – va detto – è completamente impazzita ai nostri giorni, al punto dal non saper più reggere un confronto civile e pacato con chi espone un qualche punto di vista critico al riguardo.
Quasi tutti i cinofili, appena esprimi un qualche “problema” riguardante i cani, s’inalberano, s’innervosiscono e, come accade ogniqualvolta che la sentimentalità prende la scena, ti puntano il dito contro come “immorale” e “insensibile”.
Il cane – si ama ripetere – è “il migliore amico dell’uomo”. Ciò andrebbe chiesto intanto a chi è stato azzannato e mandato all’altro mondo addirittura in tenerissima età. E, secondariamente, bisognerebbe ricordare ai cinofili fanatici che tale nobile qualifica non equipara affatto i cani ad un essere umano.
Tradizionalmente – dal fedele Argo al Veltro ghibellino – il cane esprime un simbolismo assai profondo. E tutti siamo disposti a riconoscere a questi “amici a quattro zampe” indubbi meriti, sia dal punto strettamente utilitaristico (guardia, caccia, salvataggio, terapia ecc.) sia da quello del “calore” che sanno esprimere con la loro compagnia, per grandi e piccini. Ma nel mondo moderno, da che il cane ha sempre svolto un ruolo significativo per l’uomo, esso è diventato una proiezione di un essere umano sempre meno centrato e solo con se stesso. Solo a tal punto che capita a molti di amare più i cani delle persone. Di più: di detestare fondamentalmente gli altri esseri umani per dare sfoggio di un amore sperticato per i cani e gli animali in genere.
Questi zoofili, di cui i cinofili sono una nutrita ed agguerrita rappresentanza, sono persone fondamentalmente malate. Malate nell’anima, se reputano preferibile la compagnia di un cane a quella di un altro simile. E così accade che ci sono coppie che – fatte salve quelle che proprio non riescono ad avere figli – non vogliono assolutamente saperne dei bambini, mentre si dimostrano tanto amorevoli verso cani (e gatti, criceti, canarini ecc.). E che per essi fanno dei sacrifici che non si sognerebbero mai di fare per un bambino. Sorvoliamo qui su tutta la follia che ruota attorno al mondo del cane, tra tolettature e negozi che propongono capi di vestiario firmati. Bastino però poche osservazioni per giudicare come la cinofilia esasperata sia lo specchio di un essere umano internamente disordinato.
Tutti avranno fatto esperienza di trovarsi di fronte, sul marciapiede, tipi dall’aspetto non proprio rassicurante ed aggressivo, esattamente come i loro cani, che si permettono di non tenere al guinzaglio anche quando ti trovi ad incrociare il passo con tanto di bambini piccoli al seguito. Macché, sono loro che ti guardano male – se ti azzardi anche solo a mostrarti preoccupato – perché il loro cane “è tanto bravo”. Della museruola, di cui ogni volta che ci scappa il morto si straparla con tanto d’interviste ad “esperti” ed “autorità”, non v’è la minima traccia in giro. Devono essere rimaste tutte invendute, anche se vi sarebbe, per determinate specie, l’obbligo di farla indossare quando ci si trova in un luogo pubblico.
Li vedi là fuori, al gelo d’inverno, al buio in mezzo alla nebbia, la sera tardi o all’alba, tutti felici di fare da scendiletto al loro giocattolo preferito, che rispetto agli altri esseri umani ha il non trascurabile pregio di obbedire ciecamente al padrone. Mica la mamma o la nonnetta con la sclerosi senile, o il pupo che fa le bizze. Per quelli ci si lagna e basta, maledicendo la rogna che c’è capitata, ma per il cane si batte i tacchi perché “è tanto bravo”.
Si danno ai cani nomi da persone (e alle persone nomi da cani). A tanto è giunta la commistione, prima di tutto concettuale, tra uomo e animale, che ovviamente trova diritto di cittadinanza in certi paesi europei “progrediti” anche l’“orientamento sessuale” di chi s’innamora, oltre i consueti limiti, del proprio animale da compagnia.
Non si pensi che stia esagerando, e presto – dopo la prima serie di delizie targate “diritti civili” – si potrà constatare amaramente che dovremo “rispettare” anche gli zoofili secondo tale estrema accezione del termine. Tutto ciò non ha nulla a che fare col rispetto degli animali. Ne ha – e molto – con il disorientamento dell’essere umano, che anziché concepire se stesso come la “corona della creazione” – di una creazione che contempla anche gli animali (e le piante e i minerali e quant’altro non è direttamente percepibile per l’uomo) – degrada se stesso al livello delle bestie, ponendole persino in un rango più elevato a quello che gli è stato destinato.
Sintesi tratta da articolo su “Il
discrimine”