Oltremodo paradossale, al giorno d'oggi, è il
concetto di "accoglienza". Sciorinato sguaiatamente, senza soluzione
di continuità, dai maggiori organi d'informazione nostrani e sventolato, come
falso vessillo di solidarietà, da pseudo intellettuali da salotto, buonisti e
sinistri vari, tale cortocircuito alberga indisturbato tra gli argomenti
prediletti di quella branca di popolazione che si vuole sentire a tutti i costi
dalla parte dei giusti, dei civili, degli equi, dei moderati. Paradigmatico, in
tal senso, è il periodo natalizio. Mentre, infatti, i più si affannano alla
ricerca del regalo ideale da mettere sotto l'albero ed organizzano cene e
pranzi familiari, nell' indifferenza generale, soggetti sradicati e smarriti
errano raminghi nei centri storici e nelle periferie delle grandi città,
manifestando disagio, colonizzando abusivamente intere aree urbane,
arrangiandosi alla meglio per sopravvivere, totalmente avulsi dal contesto
circostante, con nessuna voglia di integrarsi con una cultura ed una società totalmente
distante dal loro modo di vivere e pensare. È questa, forse, la tanto
sbandierata accoglienza? Qui risiede la tanto decantata integrazione? Così,
mentre chi ha spento da tempo il cervello si accontenta, da un lato, della
melassa appiccicosa propinata dalla propaganda globalista e dall'altro di finte
beghe e proclami sovranisti, la "disintegrazione" dei popoli va
avanti indisturbata, sotto le mentite spoglie della "solidarietà" e
dell’ "uguaglianza", senza che nessuno alzi realmente la voce, per paura
d'esser appellato come fascista o tacciato di "razzismo".
"
Ma noi siamo talmente toccati
Da chi sta soffrendo
Ci fa orrore la fame, la guerra
Le ingiustizie del mondo
Come è bello occuparsi dei dolori
Di tanta, tanta gente
Dal momento che in fondo
Non ce ne frega niente" ( G. Gaber)