Vi fu un tempo in cui l’artista era un
saggio, ossia un uomo colto che si doppiava in un taumaturgo, in un mago, in un
terapeuta, e anche in un gimnasiarca; è tutto quel che si definisce nella
lingua dei circhi, l’«uomo orchestra» o l’«uomo Proteo». L’artista riuniva in
sé tutte le facoltà e tutte le scienze. Poi venne l’epoca della
specializzazione, quella anche della decadenza. Non si può negarlo. Una società
che fa della scienza una polvere di scienze è una società che degenera. Se si
vuole ben accettare l’idea che l’Uomo è il catalizzatore dell’Universo, bisogna
dedurne che le forze morali dell’Uomo vibrano all’unisono con le forze
dell’Universo, queste forze che, secondo gli insegnamenti dell’alta filosofia
monista, non sono né fisiche né morali, ma rivestono un aspetto o morale o
fisico secondo il senso in cui si desidera utilizzarle. E allo stesso modo in
cui vi è nel mondo attuale una formidabile incomprensione tra le facoltà
opposte dello spirito e della materia, allo stesso modo vi è emulazione, o piuttosto
rivalità tra il lavoro delle mani e quello della testa. Le élite, non lo si può
negare, non godono d’alcun credito nella società d’oggi. La grande massa umana
non si interessa ai lavori dello spirito e non sarebbe esagerato affermare che
ci si appresta a ridurre alla fame coloro che, con un disinteresse che fu in
altri tempi maggiormente riconosciuto, fanno professione di dedicarsi al puro
lavoro del pensiero. Coloro che lavorano con le loro mani hanno dimenticato
d’avere una testa, e coloro che lavorano con la testa si attristano
generalmente, credendosi sminuiti, quando gli tocca lavorare con le proprie
mani. Ci si spiega in queste condizioni, il disprezzo che sentono le masse
comuniste per le attività gratuite dello spirito. È perché disprezza i lavori
dello spirito che il mondo moderno è in pieno sfacelo; si può anche affermare
che ha perso il proprio spirito; e lo spirito, per il fatto d’essere in rottura
con la vita, è a sua volta diventato inutile. Che le élite cessino di credere
alla loro superiorità, che acquisiscano un’ umiltà salutare, ch’esse rendano
allo spirito la sua antica funzione d’organo, che mostrino i lavori
dell’intelligenza sotto un aspetto vantaggiosamente materiale, e come per
incanto cesserà ogni guerra imbecille tra i raffinamenti sontuosi dello spirito
e il lavoro delle mani che è senza valore se non è retto dalla logica della
testa. Gli intellettuali occuperanno nella società il posto che gli spetta
quando questa società avrà abbastanza discernimento per comprendere che vi è
un’identità assoluta tra le forze del corpo e quelle dell’intelligenza, e che
lo spirito è il setaccio della vita.
Fonte: "Al paese dei Tarahumara", di A.Artaud (ed.Adelphi)