"Non fare di me un idolo mi brucerò".
Si è parlato molto negli anni del famoso
"cambiamento" avuto negli anni da Giovanni Lindo Ferretti. In tanti sono
rimasti delusi e arrabbiati per via, a loro dire, di una sorta di tradimento,
da parte dell’ex leader dei CCCP, degli ideali comunisti.
Ferretti da anni si è ritirato a vivere sui monti,
lontano dal mondo moderno, dalle sue meccaniche e dai suoi ritmi. Ha
abbracciato un cattolicesimo profondo poichè desideroso di risposte e di un
ritorno alla spiritualità.
Chi però ha saputo indagare e leggere tra le righe dei vecchi testi dei CCCP sapeva da tempo l’indole, i desideri e le speranze di Ferretti e non è rimasto sorpreso da tale percorso.
Cosa abbia rappresentato all'interno del panorama
musicale (e non) l'entità CCCP è sotto gli occhi di chiunque si sia avventurato
nella musica "alternativa" italiana.
Inimitabili e di impatto, con un'iconografia che
richiamava volutamente gli scenari del Patto di Varsavia, una sorta di
decodificazione, non solo musicale, delle istanze del punk occidentale.
Ma il punk era solo un pretesto per denunciare la
deriva materialistica e vuota dell’Occidente.
Il richiamo a quello che sta "oltre il
muro" era paradossalmente un bisogno di centralità, di stabilità.
Un'adesione ad un "comunismo dorico" che sapesse incarnare lo spirito
e le istanze di una gioventù dispersa tra le "insegne luminose" e
l'eroina.
Chi li ha considerati superficialmente comunisti, è
normale che a distanza di tanti anni sia poi rimasto sorpreso dal percorso individuale
del leader Ferretti, si era fermato al dito e non alla luna.
In realtà i primi CCP, poi i CSI e i PGR, sino all’esperienza
solista, mostrano Giovanni Lindo Ferretti percorrere una strada onesta, di
sincera ricerca del sacro in un tempo di secolarizzazione e decadenza.
"Fedeli alla linea ma la linea non c'è"...
OC