Il 12 settembre del 1919 intorno alle 12.30,
Gabriele d’Annunzio, a capo di 2600 legionari (nazionalisti, anarchici,
militari, socialisti, artisti ed arditi) entra nella città di Fiume dando
inizio ad un periodo che fece diventare la città (ora croata) un esperimento
rivoluzionario ancora oggi guardato con ammirazione e meraviglia.
Venne accolto in città con gli onori militari da una
folla festosa che vide l’impresa come un nobile gesto di difesa nei confronti
di tutti quegli Italiani fiumani che non volevano passare per nessun motivo
sotto il governo croato.
Come nacque la questione?
Alla fine della prima guerra mondiale l'Italia
rivendicò anche la città di Fiume, che però non era presente negli accordi di
Londra (gli accordi fatti dall'Italia con Francia e Inghilterra che prevedevano
l'entrata in guerra dell'Italia e, in caso di vittoria, l'acquisizione di
alcuni territori dell'impero austro-ungarico, le cosiddette terre irredenti).
La città era rivendicata anche dalla Jugoslavia, ma
era a maggioranza italiana e spingeva per l'annessione all'Italia.
In questo clima si svolse l'impresa di Fiume, ovvero
un colpo di mano militare organizzato da D'Annunzio che con un manipolo di
uomini occupò la città il 12 settembre 1919 creando la Reggenza Italiana del
Carnaro, in vista di una futura annessione all'Italia.
La reazione internazionale fu negativa e costrinse
il governo italiano ad intervenire e a cacciare via D'Annunzio e il suo
esercito con un rapido attacco militare il 24 dicembre 1920, il cosiddetto
Natale di sangue.
La città venne infine annessa all'Italia in seguito
ad un ulteriore accordo tra il governo italiano di Mussolini e la Jugoslavia
nel 1924 ma l’esperienza d’annunziana era finita e persa per sempre.
Questo è il triste e drammatico epilogo di questa vicenda.
La burocrazia ed i giochi di palazzo avevano preso
il sopravvento su un qualcosa di straordinario e di cui non vi erano stati
precedenti in passato.
Oltre all’impresa di coraggio e di ardimento la
Fiume di D’Annunzio resta un esempio irripetibile, un avamposto rivoluzionario
nel vero senso del termine.
Nella Fiume dannunziana non c'erano limiti, la
morale era stata abbattuta e i costumi erano liberi. Un'utopia libertaria di
avanguardie artistiche che consegnò al mondo la prima, vera, costituzione rivoluzionaria
della storia: la Carta del Carnaro.
La Carta del Carnaro prevedeva infatti un impianto basato su un sistema corporativo, sulla democrazia diretta, sul sistema
assistenziale e pensionistico in aiuto dei cittadini, sul suffragio universale
senza alcuna distinzione di sesso, razza e religione, sulla proprietà privata
purché avesse funzione sociale.
L’esperienza fiumana coagulò in buona sostanza una
quantità di esperienze, ribellioni, libertà individuali, intenti rivoluzionari,
spinte innovative e libertarie da farne un’esperienza inedita e mai più
ripetuta nel Novecento italiano.
Una breve scintilla, un’opera d’arte a cielo aperto
all’insegna della provocazione, l’applicazione delle avanguardie artistiche del
tempo, un'insurrezione che ispirerà anche parte del ‘68 e l’ala creativa del
movimento del ‘77.
Un laboratorio politico e sociale, all’insegna
dell’essenza libertaria più pura, da non confondere col vivere hippie. Si
trattava di un ordinamento libertario non esteso in senso orizzontale ma in quello
verticale. Una dissoluzione del vivere borghese da chi si era spinto in
territori artistici di confine usando le famose “acque corrosive” di evoliana
memoria.
Una “reggenza di poeti” come venne ribattezzata.
A Fiume, fino al dicembre del 1919, poco dopo
l’occupazione, si stanziarono almeno 20mila uomini tra granatieri, arditi,
giovani, nullafacenti, disperati, artisti, nazionalisti, esponenti della
sinistra.
Il Consiglio Nazionale Fiumano conferì ogni potere a
D'Annunzio e la popolazione accorse ad ascoltare i comizi del Comandante da un
balcone. All’ardore del sentimento patriottico e di rivalsa per la vittoria
mutilata del 1915/18, si unì anche un fermento che si tradusse, solo per fare
un esempio, nella costituzione dello ‘Yoga’, detta ‘Unione di spiriti liberi
tendenti alla perfezione’, formata da un gruppo di legionari, tra cui Guido
Keller, Giovanni Comisso e Mino Somenzi, in cui l'antico ascetismo indiano si
mescolò alle teorie futuriste che inneggiavano alla fusione fra arte e vita.
In tal contesto si realizzarono opere di teatro
improvvisato, balli, disegni sui muri (antesignani dei nostri murales).
Un modo di vivere che impresse una svolta decisiva
del processo di crisi dello Stato liberale ed all’etica borghese, un modo di
concepire l’esistenza pericoloso per un sistema, che ora come allora, si sbrigò
a togliere di mezzo nel minor tempo possibile. Un'esperienza rifiutata dai
liberali, dai benpensanti, dai conservatori, dal clero. Come sarebbe stata la
storia di questo “paese” se l’esperienza fiumana avesse potuto mettere radici e
avesse potuto diventare un esempio?
OC