"Muore giovane chi è caro agli Dei"
Nell’esodo di Ferragosto del 1973 si consumò una
tragedia.
Lungo la via Aurelia, nei pressi di Roma si snodano
file interminabili di auto. A bordo di questi veicoli non vi sono uomini ma
ingranaggi di questa mostruosa civiltà della macchina. Corrono verso una meta
inesistente nel nome del benessere consumistico. Nessuno li può fermare, tanto
meno distrarre.
E non vengono appunto distratti dalla vista di una
macchina che è fuori dalla carreggiata, semi ammaccata e nelle cui lamiere
giace ferito Adriano Romualdi.
Forse un tempestivo soccorso sarebbe bastato?
Chissà.
Sta di fatto che un incidente occorso la notte tra
l’undici ed il dodici agosto del 1973 è fatale ad Adriano Romualdi la cui breve
vita (33 anni) si consuma fatalmente tra i resti di un’automobile.
Una vita vissuta come testimonianza attiva,
cosciente e di totale rifiuto dei falsi valori degli ultimi decenni.
E altamente significativa e simbolica non fu solo la
sua vita ma anche la sua morte, consumata davvero controcorrente.
In direzione “ostinata e contraria” mentre la massa
si dirigeva al mare.
Un biglietto d’ingresso per il museo di Ostia antica
fu trovato nei suoi abiti.
Mentre tutti andavano al mare, lui era stato ad
ammirare ancora una volta il fascino incantato di edifici e di statue di un
luogo che richiama le nostre radici, a respirare l’alito di una grandezza
eterna e di una bellezza sempre viva.
Al ritorno si consumò la tragedia, contro corrente,
contro il serpentone notturno di luci abbaglianti, di rumori cupi di ferraglia,
di nevrotico movimento e di atroce insensibilità.
In stridente contrasto con ciò che lui aveva appena visto ed ammirato.
Ciò che muoveva Romualdi non era solo fredda
erudizione ma la riscoperta delle nostre radici, delle nostre sacralità. Il
tutto finalizzato ad un accrescimento di una sensibilità europea ormai
seppellita dai bombardamenti materiali e spirituali della seconda guerra
mondiale.
Studi importanti che gli valsero, a poco più di 30
anni di età, l’incarico di assistente di ruolo in Storia contemporanea
all’università di Palermo.
I suoi studi non rimasero lettera morta ma si
tramutarono per i suoi “contemporanei” in atti di trasmissione, in opere di
indirizzo e di educazione.
Una preparazione non fine a se stessa, che rimane
impressa in libri e in articoli brillanti. La sua è stata un’opera di
divulgazione capace di suscitare interesse, mobilitare passioni, scuotere
intelligenze ed aprire riflessioni profonde sui mali della modernità.