Il "Viaggio al termine della notte" di Louis-Ferdinand Céline

"È forse questo che si cerca nella vita, nient'altro che questo, la più gran pena possibile per diventare se stessi, prima di morire."

Louis Ferdinand Céline è stato un autore controverso, criticato, avversato ma anche riscoperto negli ultimi decenni. Questo rinnovato interesse per la figura di Céline da parte della critica, e non solo, nasce dalla riscoperta e dai giusti onori che bisogna tributare al suo scritto più famoso e celebrato: “Viaggio al termine della notte”.

L’opera centrale della sua produzione che come poche altre ha saputo capire, raccontare e rappresentare il XX° secolo illuminandone con provocante originalità gli aspetti fondamentali.

Lo scandalo della sua opera è la profetica e lucidità del suo delirio, uno sguardo che nulla perdona a sé e agli altri. Che guarda nella notte e l’affronta. Notte come momento cruciale e soprattutto stato ideale dell’uomo.

Céline era l’anarchico per eccellenza, che si definiva un cronista, con alle spalle il vissuto delle esperienze più drammatiche come la prima guerra mondiale combattuta nelle trincee delle Fiandre o quelle più goderecce dei locali, oppure le durezze e le privazioni nell’Africa coloniale non dissimili da quelle solitarie della tentacolare New York o della spersonalizzante Detroit. Senza dimenticare le periferie abbandonate e squallide di Parigi dove facendo il medico dei poveri ebbe modo di entrare in contatto con una miseria morale prima ancora che materiale.

Totalmente nuovo nel panorama francese ed anche europeo fu il suo approccio e la sua visione del mondo. Era il 1932 quando “Viaggio al termine della notte” venne pubblicato.  Il romanzo fu una bomba deflagrante che con metodo visionario, ma anche realistico. seppe unire e trasfigurare la materia incandescente della vita quotidiana. Inventò un linguaggio sofisticato che aveva però tutta l’immediatezza del parlato popolare. 

Céline è stato l’autore che, tra sarcasmo e pietà, diede voce e condensò la tragedia e la disperazione inevitabile del Novecento. Con punte di comicità tipica di quelle situazione estreme che inevitabilmente giungono a un punto di collasso. Un riso amaro, un sorriso liberatorio derivante da chi, compie un viaggio ed oltrepassa la notte dell’umanità, lo stadio finale di una modernità divorante.



                                                   OC