La banalizzazione mediatica del fenomeno dell'immigrazione di massa riduce il dibattito all'osso, creando due fazioni ben distinte: quella di chi predica accoglienza a tutti i costi, cieca dinnanzi ai reali scopi di tali " rivoluzioni", e quella di chi sbraita soltanto d'invasione, non argomentando la sua tesi in maniera esaustiva e fornendo perciò giustificazioni ed assist a chi invece lucra in maniera vergognosa da questa vera e propria tratta di nuovi schiavi. Oltre la coltre di fumo dolosamente costruita da chi fa il mistificatore di professione, perciò, il "piano" appare chiaro. Il peggioramento delle condizioni lavorative, soprattutto nei comparti manuali, l'esaltazione mainstream di fenomeni da baraccone grati, sfruttati e disposti ad ogni assurdo sacrificio per guadagnarsi da vivere, il proliferare di grotteschi nuovi indirizzi di studio, le tanto in voga università telematiche, la saturazione voluta di determinati settori per livellarne verso il basso le condizioni contrattuali, aprono la strada ad un cambiamento epocale, lasciando spazio ad una nuova classe d'individui disposti ad accettare l'umiliazione per sopravvivere. Sradicati, senza consapevolezza dei propri diritti, con carovane di figli al seguito, provenienti da terre sconvolte da continui tumulti e guerre, provocate anche con la collaborazione dalle potenze occidentali, gli individui in questione sono creta da modellare, i perfetti cittadini del futuro dell'"Europa unita". Il meccanismo, oramai ben oleato, sembra già produrre i suoi devastanti effetti sul nostro sistema economico.
L'Italiano, in tutto ciò, che fa? Dormiente, abbandona ogni arte o mestiere, si specializza sino a 35 anni, attende con ansia il prossimo bonus o sussidio, mentre masse deportate cariche di vane speranze e false promesse, inquinano il mercato del lavoro, provocando un netto peggioramento dello status lavorativo della collettività. Purtroppo, come al solito, non si crede al santo finché non si vede il miracolo.