Le pseudo indagini della procura di Bergamo, tanto
decantate dal mainstream nostrano e spasmodicamente attese da gran parte della
controinformazione, non fanno altro che aggiungere un'altra tessera al mosaico,
un altro pilastro alla struttura sapientemente edificata in questi tre anni di
delirio assoluto. Il lavoro degli inquirenti, sommato alla cristallizzazione
dell'emergenza nella carta fondamentale, alla sentenza della corte
costituzionale che, de facto, legittima ricatto ed estorsione come metodo di governo
ritenendo l'operato dell'esecutivo compatibile col dettato di cui si farebbe
garante, alle finestre di overton aperte sulla mancata attuazione del piano
pandemico da parte di note trasmissioni delle reti di stato, completa
adeguatamente la fitta trama tessuta finora. Esse agiscono, infatti, su due
fronti, ben delineati: da un lato rendono lecito l'operato successivo allo
scoppio della "pandemia", giustificando ogni nefandezza commessa
sotto il falso vessillo della salute pubblica, financo la violenza inaudita del
lasciapassare, donando scriminanti scellerate ai comportamenti delittuosi
dell'autorità; dall'altro creano un pericoloso precedente, tracciando le linee
guida da seguire per le prossime presunte emergenze, senza che nessuno possa
batter ciglio. Ergo, come fu per il green pass, quando criticando la sua
applicazione pratica e non le fondamenta si fornivano assist per ampliare la
sua portata, così, fermandosi alle apparenze del lavoro della procura, si può
cadere nello stesso tranello, considerandolo un buon punto di partenza verso il
ripristino di una piena giustizia. Di questo passo, anche la tanto decantata
commissione d'inchiesta sulla gestione pandemica, qualora venga istituita,
potrebbe rivelarsi un boomerang, vista la piega che oramai hanno preso gli
eventi. Sinceramente, di vittorie di Pirro ne abbiamo abbastanza. È giunto il
momento di comprenderlo.