Il fenomeno dell'immigrazione di massa è da sempre oggetto di squallidi
dibattiti da arena televisiva, dove improbabili esperti, scaltri giornalisti e
politici d'ogni fazione, si accapigliano con falso fervore, facendo leva sulla
pancia, sfruttando sapientemente la carica emozionale dello spettatore, senza
mai arrivare al nocciolo della questione. Nessuno pone un quesito scomodo, né
delinea scenari alternativi. La contrapposizione resta solo tra chi vuole
"accogliere" a tutti i costi, sventolando il vessillo stropicciato di
un obsoleto e melenso buonismo tipico di una sinistra da salotto invecchiata
male, e chi sbraita d'invasione senza argomentare, portando in auge concetti
tipici di una destra edulcorata, corrotta nella sua essenza, che ha rinunciato
scientemente alle sue radici, alla tradizione, alla sua ragion d'essere. Il
risultato? Beghe da cortile, un costante ed imbarazzante pollaio senza arte né
parte.
La forza del potere costituito, oggi, è proprio
questa: ridurre il tutto ad informe poltiglia, a puerile prospetto, a scapito
della verità, della reale interpretazione dei fatti, di ragionamenti più
articolati, che vengono, in tal modo, ex ante rifiutati dalla maggioranza,
oramai assuefatta da un sistema che sbriciola il tangibile per poi ricomporlo a
suo piacimento, che trita nei suoi ingranaggi chi prova ad esprimere pensieri
più complessi rispetto all'imbarazzante media. A chi giovano tali fenomeni? Si
rispetta realmente l'umanità non permettendo ai popoli di vivere e prosperare
nella terra dei propri avi, a cui sono indissolubilmente legati? Che
conseguenze ha un impatto migratorio di tali proporzioni sull'economia e sulla
tenuta sociale dei paesi ospitanti? Quali politiche di sfruttamento dei
territori in questione hanno costretto migliaia di persone ad intraprendere
perigliosi viaggi alla ricerca di un futuro migliore? È lecito pensare che si
voglia minare il tessuto socio economico dell'Europa, inquinando il mercato del
lavoro e formando nuovi schiavi senza consapevolezza dei propri diritti e della
lotta di classe? Domande a cui mai nessuno darà una risposta. Si resta, così,
sempre ingabbiati, divisi, nel limbo di uno squallido giuoco delle parti, tra
chi si commuove con lo spot sulla fame e le carestie sapientemente propinato da
chi di dovere durante i pasti per giustificare l'ingiustificabile ed accentuare
il senso di colpa, e chi ulula grottesche frasi sconclusionate facilmente
tacciabili di "razzismo" dai parrucconi di turno. Così, senza
apparente sforzo, la riprogrammazione è servita: la maggioranza è aggiornata, come
un software, in base ad un banale "algoritmo", che rispecchia la sua
già plasmata coscienza e linea di pensiero. Con buona pace della verità, della
giustizia e dei reali interessi nazionali. Il giochino è banale e riproposto
all'infinito ma, evidentemente, funziona sempre.