Il 2022 verrà sicuramente ricordato come l'anno
dello scoppio della guerra in Ucraina. Coloro che sono stati in grado di
leggere ed interpretare l'evento pandemico in una prospettiva metapolitica di
ampio respiro, che in esso vedeva i prodromi dell'instaurarsi di nuove forme di
governo e di nuovi equilibri di potere, sono i medesimi che hanno saputo
cogliere l'autentica portata del conflitto ucraino, che è sostanzialmente una
nuova tappa del suddetto processo di ristrutturazione dell'ordine globale. Ricordiamo
come il mainstream abbia osservato stupito il misterioso fenomeno per cui i
cosiddetti “no-vax” si sarebbero riciclati, all'indomani dell'inizio delle
ostilità, come “putiniani”, liquidando il tutto come l'ennesima espressione
dell'ignoranza fascista dell'ambiente del dissenso. In realtà il tentativo del
potere malcelava la volontà di screditare qualsiasi forma di comprensione
unitaria dei fenomeni, cosa che avrebbe palesato la comune regia e la natura
tutt'altro che fortuita, imprevedibile e indesiderata di guerra e pandemia.
Specularmente, come la pandemia ha accelerato il processo di digitalizzazione,
o meglio, della posa dell'infrastruttura del futuro controllo digitale, allo
stesso modo la guerra in Ucraina ha enormemente favorito la conversione dell'economia
al modello green, il quale ha le proprie fondamenta nelle nuove politiche
energetiche legittimate sulla base del presunto stato emergenziale dovuto al
conflitto. Crisi economica, lockdown (stavolta energetici) e diffusione del
senso di precarietà e pericolo, sono ancora una volta i metodi utilizzati per
imporre ciò che altrimenti sarebbe stato rifiutato da tutti sulla base del più
banale buon senso.
Il 2022 è stato anche l'anno delle elezioni politiche in Italia. Tale evento ha
dimostrato innanzitutto come qualsiasi partito, per poter accedere alla
possibilità di governare, debba necessariamente conformarsi a dettati
sovranazionali e alla logica del più bieco compromesso. Nel caso di Fratelli
d'Italia questo è stato ancor più palese, in quanto le garanzie e il patto di
sudditanza sono stati richiesti sulla base di previsioni e meri sondaggi
politici prima ancora che sul risultato elettorale. Il partito ha dovuto prima
convertirsi ad atlantismo, europeismo e globalismo, per poi essere ammesso al governo
sotto una costante minaccia di stigma ideologica ad ogni sospetto di sbandata o
rigurgito d'orgoglio nazionale.
Queste elezioni, tuttavia, hanno avuto l'indubbio merito di mostrare la vera
natura del fronte del dissenso, che si è dimostrato essere irriducibilmente
disomogeneo e animato da lotte intestine e conflitti carsici, i quali alla
prima occasione di confronto sono esplosi come un bubbone. Come da noi spesso
ripetuto, l'unità di un movimento può essere costruita solo sulla base di
principi: è oggi palese a tutti quanto le varie correnti che concorrono a dire
no al Nuovo Ordine siano difformi e spesso inconciliabili. Facciamone tesoro
per il futuro, tanto per evitarci adolescenziali delusioni, quanto per
costruire future alleanze solide e reali.
Il 2023 si approssima sotto presagi non proprio positivi. Negli ultimi giorni
lo spettro della pandemia è stato di nuovo evocato per stimolare improbabili
nuove campagne di inoculazione; il conflitto ucraino pare vedrà nuove
recrudescenze nelle prossime settimane, e l'impatto di inflazione e carovita
sarà visibile solo a partire dai prossimi mesi. Prepariamoci a reggere l'urto
di nuove sfide, con la consueta smaliziata serenità di chi non teme la
sconfitta perché non cerca la vittoria, ma soltanto giustizia e verità.
Buon anno amici.