Pubblicato nel 1939, " Chiedi alla
polvere" di John Fante rappresenta, senza dubbio, il punto più alto della
saga di Arturo Bandini, alter ego dell'autore, protagonista della maggior parte
dei romanzi dello scrittore italo americano. L'opera, solenne ed al contempo
dissacrante, ironica nella sua drammaticità, descrive attraverso una potenza
narrativa fuori dal comune, l'umanità "sporca" ed affaticata della
Los Angeles ai tempi della grande depressione, dove una marea umana
romanticamente anonima si agita, sgomita, suda, fluttua rattoppata in uno
strabiliante tripudio di volti, lacrime, delusioni, sogni infranti, vite
spezzate, illusioni. Arturo Bandini non è un uomo ammirevole. Contraddittorio,
in perenne conflitto interiore, arrogante ed insicuro, muove i suoi passi nella
polvere californiana, che sembra penetrare nella sua carne, entrargli nelle
meningi, fino ad incollarsi, inevitabilmente, all'anima. Logorroico, ateo "perseguitato" dal cattolicesimo,
narcisista, in perenne stallo tra aspirazioni, desideri e paure, Bandini
diventa il racconto stesso, saltando fuori dal testo, acquistando forma a
sostanza tra le righe magistralmente scritte da Fante, prendendo quasi per mano
il lettore, trascinandolo tra i sobborghi,
gli squallidi appartamenti, i locali, le strade malfamate descritte con
crudezza e dovizia di particolari, in un acquarello che dipinge a perfezione
una natura umana dicotomica, in perenne conflitto tra bene e male, sacro e
profano, gioia e dolore. Più che un libro, Fante ci dona, quindi, uno spaccato
di vita pulsante, dove il precario equilibrio in cui si muovono i personaggi
diviene un universo perfetto nella sua imperfezione, un incastro complesso di
sentimenti, dove amore, odio, passioni e tentativi di riscatto si mescolano,
toccando le corde dell'anima di chi si avventura tra le sue affascinati pagine.
Un testo che odora di vita, agrodolce, "sgangherato", aulico,
profondo, sanguinante, che fotografa, impietoso, il lato debole e
"miseramente" epico del grande "sogno".
“Questa
sì che era vita: girare, fermarsi e poi proseguire, sempre seguendo il nastro
bianco che si snodava lungo la costa sinuosa, liberandosi di ogni tensione, una
sigaretta dopo l’altra, e cercando invano delle risposte nell’enigmatico cielo
del deserto.”