Scritto nel 1944, "La fattoria degli
animali" di George Orwell, vide la luce in patria soltanto al termine del
secondo conflitto mondiale, a causa della travagliata ricerca di un editore
disposto a pubblicarlo. A tal proposito, l'autore scrisse un breve saggio
intitolato "La libertà di stampa", proprio per mettere in risalto le
difficoltà incontrate e denunciare i meccanismi di censura caratterizzanti
l'Inghilterra dell'epoca. Il testo, veloce, pungente e scorrevole, narra le
vicende di un gruppo di animali che, stanchi dei soprusi perpetrati ai loro
danni dagli esseri umani, decidono di ribellarsi e di impossessarsi della
fattoria dove vivono, dando il via ad una rivoluzionaria struttura di società,
ad un nuovo ordine fondato sull'" uguaglianza". Ben presto, però,
emerge tra loro una nuova classe di burocrati: i maiali. Essi, con furbizie e
prepotenze, riusciranno ad imporre la loro autorità sugli altri animali.
L'acuta satira orwelliana, incarnata da quest'opera, rappresenta un'aperta
critica al comunismo ed allo stalinismo e, più in generale, a qualsiasi regime
che, instauratosi dopo una rivolta, "tradisce" gli ideali originari.
La geniale allegoria dello scrittore inglese descrive perciò l'infrangersi di
un sogno, che si scontra con una dura realtà fatta di loschi interessi, brama
di controllo e di ricchezza, tentazioni autoritarie, manipolazione, propaganda,
ingenuità e cecità di chi presta il fianco ad ogni genere di nefandezza per
convenienza o codardia. Orwell, quindi, ci regala un libro che fa della
franchezza e dell'energia il suo vessillo, di facile comprensione, amaro,
disincantato, lungimirante, dissacrante, scevro da melliflua retorica, ricco di
spunti di riflessione ed insegnamenti. Un affresco impietoso della natura
umana, della sua cupidigia, della sua sete eccessiva di potere e sopraffazione,
che rappresenta, senza dubbio alcuno, una delle pietre miliari della
letteratura del Novecento.
" Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono
più uguali degli altri"