B. F. Skinner (1904 - 1990) fu con ogni probabilità il più importante e influente rappresentante del Comportamentismo, un indirizzo psicologico che ritiene essere il comportamento visibile e registrabile l'unico dato analiticamente rilevante e utile all'analisi psicologica.
Alcune espressioni riduzionistiche del
Comportamentismo, a cui molti passi sembrano affiliare lo stesso Skinner,
giungono a negare l'esistenza di una dimensione interiore dell'essere umano,
riducendo quest'ultima a una pura strategia ermeneutica dell'individuo utile
per interpretare, comprendere ed esprimere il suo medesimo comportamento:
l'uomo, secondo questa visione, sarebbe riducibile ai suoi semplici atti, da
cui emergerebbe come unità e coscienza solo in quanto fenomeno di superficie di
un espediente cognitivo utile alla riflessione.
Non è questa la sede per evidenziare paradossalità e
ricorsività di forme di riduzionismo analoghe, ben note ad esempio all'ambito
delle neuroscienze: quello che conta rilevare è che Skinner, più che
interessato all'ontologia, appare essenzialmente alla ricerca di un modello
umano che possa essere interamente risolto in laboratorio e nella prassi
sperimentale. Da questo punto di vista, il soggetto di Skinner, ridotto
all'insieme dei suoi atti, risulta essere omogeneo alla teoria comportamentista
basata sul sistema di stimolo e risposta, e perfettamente adeguato alla prassi
del condizionamento operante, esemplificato nelle ben nota "Skinner
box".
L'aspetto tuttavia più caratteristico e originale dell'opera di Skinner fu la
sua proposta di applicare il condizionamento operante all'ambito della società,
in modo da costruire un perfetto sistema di controllo volto a eliminare
tensioni e contrasti sociali e a rendere il vivere comunitario interamente
progettabile. Questo sarebbe stato possibile, secondo Skinner, solo a patto di
abbandonare o ripensare alcuni concetti ormai inadeguati alla sfida della
sopravvivenza della civiltà occidentale, quali l'idea di libertà o di dignità
dell'individuo: solo rinunciandovi, e attraverso una costante attività
pedagogica, si sarebbe potuto creare una società perfettamente armonica e
pianificabile, capace di competere con civiltà più giovani, vitali e dinamiche,
quali quelle dei paesi in via di sviluppo.
Un'utopia / distopia che qualcuno definì felicemente
un esempio di "fascismo senza lacrime"; sogno / incubo ricorrente di
molta letteratura del '900, che in Skinner assunse inquietantemente la dignità
di programma scientifico.