La
nostra è una società fortemente valoriale.
Questa
società sta anzi formulando sotto i nostri occhi, ovvero da 40 anni a questa
parte, sempre nuovi valori, li sta formulando a getto continuo. Sono valori che
emergono dalla bruma dell’anarchia (o meglio: del clima di cosiddetta libertà)
degli anni 70 e sui quali si sta strutturando la nostra società.
Solo
che sono valori sbagliati.
Questo
fenomeno ricalca uno schema molto preciso e già sperimentato in altre società –
quale quella sovietica all’inizio del XX secolo – seppur con mezzi e modalità
diverse: grazie ad alcune idee, molto teoriche ed astratte, quale quella di
libertà assoluta (nell’Unione Sovietica si trattava dell’idea di uguaglianza,
ma lo schema procedurale è rimasto lo stesso) con il suo corollario di
abolizione di ogni divieto, regola o tabù, intorno agli anni 60 si sono
distrutti i vecchi, solidi valori che hanno retto la nostra società per secoli
e millenni. Il problema è che la libertà assoluta è una chimera, un’illusione
irrealizzabile, come lo era l’idea dell’uguaglianza perfetta.
Di
conseguenza in quel decennio ci siamo costruiti una specie di deserto
spirituale in cui vivere: abbiamo abbattuto regole, divieti, tabù e vecchi
valori senza sostituirli con nulla.
Negli
ultimi 40 anni siamo lentamente usciti dal caos inventando nuovi valori, nuovi
divieti, nuove regole che però si fondano su un unico criterio, un unico valore
di fondo: il superamento di ogni limite – sociale e individuale – ponendo l’Io,
ovvero l’individuo, con i suoi desideri e i suoi capricci, al centro di tutto.
Questa
rapida e eclatante sostituzione è avvenuta in modo tutto sommato insensibile –
e di conseguenza non è stata percepita dai più - grazie a due fenomeni
apparentemente lontani, ma in realtà strettamente collegati a questa nefasta
evoluzione: il dilagare del consumismo da una parte e il drastico abbassamento
del livello di istruzione dall’altra.
Il
consumismo – soprattutto quando portato ai livelli estremi di oggi - vellica la voglia di comodità, la voglia di
novità e l’avidità dell’uomo, mettendo i suoi desideri sempre più al centro
delle preoccupazioni e dell’agire umano. E l’uomo, abituato ormai da decenni
alla comodità e al benessere, non sarà certo incline a ripristinare vecchi
valori che prescrivevano impegno, dedizione, sacrifici e, spesso, una frugalità
di vita oggi assolutamente invisa.
D’altra
parte la rovinosa caduta dell’istruzione – complice il 6 politico che porta
tutti alla laurea, ma degrada la laurea ad attestato di ignoranza – crea
un’amnesia generalizzata riguardo il nostro passato come non c’era mai stata
prima: in tempi lontani la tradizione tramandata oralmente era conosciuta da
più o meno tutti (e quasi sempre rispettata), mentre in tempi più recenti lo
studio della storia vicariava almeno in parte la graduale perdita di tradizioni
e di valori antichi, facendone almeno oggetto di studio e innalzandoli, spesso,
a mete da perseguire o modelli da imitare.
Nel
mondo attuale, popolato da individui che ignorano tutto o quasi della civiltà
che li ha preceduti, rammolliti da decenni di consumismo, comodità e egoismo,
diventa facile, quasi automatico accantonare valori “faticosi” come onore,
lealtà, dignità, valori dei quali un tempo si conosceva, o almeno si intuiva la
portata, l’utilità formativa a livello individuale e anche sociale (mentre oggi
vengono semplicemente irrisi), di fronte
al “valore” della propria vita, del proprio benessere, della propria salute,
della non discriminazione di nessuno sotto nessun aspetto e della tolleranza
totale e assoluta nei confronti di tutto e tutti.
Tolleranza
che però si sospende nei confronti di chi dissente da questa nuova tavola dei
valori, perché a questa viene sacrificato tutto il resto, anche la libertà di
opinione, la libertà di dissentire, la libertà di aderire ai vecchi valori
tradizionali.
Come
non pensare dunque che ci sia stato una specie di piano prestabilito, una sorta
di manovra concordata atta ad abbattere consapevolmente i vecchi valori
(convincendo le masse che tali valori erano inutili, stantii, superati), per
rimettere, dopo qualche decennio di “anarchia”, tutti in riga secondo questi
nuovi idoli fasulli, questi nuovi valori grotteschi.
Perché
di ordine, di regole c’è bisogno, specialmente quando diventa necessario, come
nel mondo di oggi, governato da pochi gruppi di super-ricchi e potenti e
popolato da miliardi di individui, controllare e manipolare masse enormi di
individui.
E
– vedi caso – questi nuovi valori sono perfettamente funzionali al tipo di
società desiderata dai potenti super-ricchi (e purtroppo ormai anche dalla
massa, inebetita a suon di televisione, consumismo e comodità).
Ma
proprio perché funzionali alla costituzione di un mondo sempre più “libero” sul
piano del mercato e del commercio ma sempre più impositivo sul piano del lavoro
individuale e del consumo, tali nuovi valori sono altrettanto costrittivi dei
vecchi e forse di più.
Il
problema è che la gente spesso non se ne rende conto, perché questi “valori”
appaiono di solito nelle vesti ingannatrici di nuovi diritti, di nuove
possibilità (di acquisto, di divertimento), di “non discriminazioni” o, tutt’al
più, di regole necessarie per garantire la sopravvivenza del genere umano dopo
decenni di consumismo sfrenato.
Ma
la vera differenza rispetto ai vecchi valori è che dietro di essi si cela il
vuoto. Il nulla.
Sono
valori di carta.
La
storia del politically correct e dei “valori” gender” sono un esempio
paradigmatico dell’evoluzione qui tracciata così sommariamente.