Se si pensa ai modelli di gioventù militante che negli ultimi anni il mainstream ci ha proposto - a base di dreadlocks e impermeabili gialli, con variazioni nostrane sott'olio – ci si rende conto della grande parodia che essi rappresentano. Esibiti come ribelli e romantici paladini dell'anti-sistema, altro non erano (e non sono) che una tautologia del lecito, una banale ripetizione del discorso condiviso con piglio irriverente. In pratica, null'altro che la fiera ammissione della piena adesione agli imperativi dell'epoca, siano essi l'immigrazionismo spinto o l'inclusività ad ogni costo, l'ecologismo green o il globalismo oltranzista. Ribellarsi alla ribellione pare essere, in sintesi, l'unico adagio di queste generazioni adagiate.
Eppure, nel nostro immaginario permane l'idea che la giovinezza sia l'età di un'irrequietezza indomita, di un'insaziabile sete di vita, di una generosa disponibilità a possibilità estreme. L'epoca in cui si suole osare come in nessun'altra, per incoscienza forse, o ingenuità, o perché non ancora condizionati dalla mediocrità dilagante. Un'età di assoluti, e pertanto di ideali; un'epoca di sogni e utopie. Un'età che, la storia insegna, può essere capitalizzata in vista del cambiamento, della rivoluzione, della svolta - mai del conservatorismo, semmai della reazione - perché la stella del nuovo, qualsiasi nuovo, la guida e la informa. Dov'è finita questa gioventù? In quale autorappresentazione si è spenta?
Se, come scrive Nietzsche, il nichilismo è lo svalutarsi di tutti i valori, crediamo non sia azzardato affermare di trovarci di fronte a una forma di nichilismo generazionale che non ha precedenti. A differenza di alcuni movimenti giovanili del secolo scorso, descritti come nichilisti, ma che in realtà affermavano il nulla per rivendicare l'essere, qui ci troviamo di fronte a qualcosa di profondamente diverso. Un nichilismo senza rancore, senza pathos, a carattere non episodico ma diffuso, inconsapevole e non meditato, che non chiede redenzione o riscatto, ma solo un divano su cui consumarsi. Se il sale perde il suo sapore, anche le lacrime non sono che acqua.