Re Per Una Notte è una delle migliori pellicole di Martin Scorsese, nonostante sia uno dei film meno considerati nella filmografia dell’italoamericano.
Nel 1983, il regista
anticipava sul grande schermo la smania del divismo mediatico che al giorno
d’oggi è divenuta oramai normalissima routine.
La trama vede un aspirante commediante, il
grottesco Rupert Pupkin (Robert DeNiro), che spende il suo tempo nel mettere in
scena spettacoli comici davanti ad un pubblico di cartone. Ossessionato dal
celebre attore televisivo Jerry Langford (un abilissimo Jerry Lewis), comincia
a pedinarlo nel tentativo di illustrargli i suoi progetti, dando così il via
alle più sfrenate fantasie su una improbabile carriera da showman.
Il duro scontro con la realtà dei fatti
costringerà però Rupert a prendere drastici provvedimenti..
Il Pupkin scorsesiano non è altro che un Travis Bickle che liberatosi dalla
noia esistenziale metropolitana, focalizza la sua paura del “non essere
nessuno” sulla possibilità di apparire in tv.
Per emergere dalla mediocrità e dall'anonimato
cittadino, egli tenta di essere qualcuno, di essere riconosciuto, di farsi
approvare, solamente che questa volta, invece di ripulire la città con
violenza, tenta di apparire in uno show televisivo.
Straordinario il lavoro di tratteggiamento della
psicologia instabile e complessa di Pupkin, e strepitoso per l’ennesima volta
Robert De Niro che si immerge nel personaggio in maniera minuziosa fornendo
probabilmente la sua miglior interpretazione della carriera.
Il suo percorso verso il delirio viene ripreso in
maniera lenta e graduale, senza mai alzare i toni della vicenda, ed in un'
evoluzione narrativa sempre più assurda, viene mostrata la lucida
determinazione del protagonista verso il suo obiettivo finale.
Il modo con cui vengono gestite le scene più
imbarazzanti e la negligenza di Pupkin sono il magistrale frutto di una regia
efficace e mai invadente, una macchina da presa che non prende mai il
sopravvento su storia e recitazione, mantenendo così in perfetto equilibrio
l’intero film e creando un costante senso di straniamento.
Lo humour presente è lontanissimo dalle classiche
commedie americane, anche se a dir la verità, si percepisce il profumo di Blake
Edwards alle fondamenta della struttura.
Lo stile si concilia perfettamente con i
contenuti, la messa in scena generale ed i movimenti di macchina risultano del
tutto funzionali alla drammatizzazione. L’impersonalità della regia trasmette
una sensazione di alienazione. Un esempio? Quando viene ripresa l’immagine
televisiva dello show di Langford, essa è sempre statica e senza profondità, ed
è dunque lo stesso video che si fa portatore di contenuti degenti e
massificanti.
Re Per Una Notte naviga per tutta la sua durata
tra realtà e sogno, specie nella prima parte, dove questa opposizione diviene
una caratteristica principale anche grazie all’ottimo lavoro in sceneggiatura
di Paul Zimmerman con i suoi ambienti sempre molto curati ed in bilico tra il
reale e il televisivo.