Dietro questo progressivo processo di devoluzione (sperimentato per via straordinaria prima, per poi passare alla normalità dello stato straordinario, infine alla pura e semplice consuetudine) si sta stabilizzando la forma di un nuovo rapporto di potere, e questo ovviamente non può essere legittimato se non mediante un cambio di paradigma. È questo che ci si chiede di accettare, non l'onere del patto sociale, a cui tutti abbiamo già dato assenso come condizione del vivere assieme. Ci si chiede di condividere questa nuova e inquietante idea che tutto sia sacrificabile in vista della propria sussistenza biologica, principio che è una novità proprio perché il modello neoliberista ha sempre puntato sulla qualità della vita, piuttosto che sulla vita a tutti i costi. Questa idea che si sta tentando di imprimere con il terrore sanitario trova ancora una certa naturale resistenza, che tuttavia si vorrebbe debellare a suon di trattamenti sanitari obbligatori e vaccinazioni di massa. Essere spodestati dal diritto sul proprio corpo in vista dell'idea collettivistica di una società in polmone d'acciaio o dialisi permanente è qualcosa di molto diverso dal modello di salute e benessere a cui siamo stati educati. Accettare questa nuova visione comporta dei sacrifici: prima si accetterà quella, prima questi diverranno la norma.
Stiamo andando verso un modello sociale
post-neoliberista, che non ha ancora un nome, eppure già lo si intravede. Sarà
di certo una società post-umanista, se non post-umana.