Com'è nata l'idea del vostro canale comunicativo e com'è stata inizialmente messa in pratica?
Weltanschauung Italia è un canale nato nel 2011
per esprimere la nostra visione del mondo, le nostre riflessioni e il nostro
punto di vista sui tempi e sulla società.
Inizialmente ci siamo molto occupati di arte
“post-industriale”, in particolare di musica, in quanto dal nostro punto di
vista essa è un potente mezzo espressivo a livello culturale, sociopolitico e
spirituale. Attraverso l'arte post-industriale, l'uomo utilizza come
espressione di libertà e creatività quelle stesse macchine e quei medesimi
mezzi comunicativi che nel post-moderno possono rappresentarne il giogo e la
maledizione. Esprimersi e raccontare la post-modernità attraverso il filtro dei
suoi stessi strumenti è stato per noi l’inizio di un percorso.
Nel tempo abbiamo affiancato all’arte anche il
lato filosofico e contro-narrativo, in quanto, a nostro parere, la distorsione
mediatica della realtà, tipica dei nostri giorni, necessita di un
contraddittorio e di un correttivo alla cui costituzione desideravamo
contribuire. Si sono così pian piano creati i vari canali social network con
cui nel tempo abbiamo espresso la nostra "weltanschauung" e che hanno
avuto un discreto seguito, specialmente negli ultimi due anni
La nostra è una visione del mondo alternativa al
mondialismo, al neoliberalismo e al relativismo esasperato; non siamo uno
spazio politico, non ci riconosciamo in nessun partito, movimento, orientamento
di tipo parlamentare o extraparlamentare. La nostra posizione, a rigore, non è
neppure definibile nazionalista, laddove l'idea di nazione è legata a un retaggio
squisitamente moderno, mentre il nostro obiettivo primario è una critica
radicale al modernismo e al post-modernismo.
Se ci occupiamo di politica, di attualità, di
costume, è semplicemente per proporre un punto di vista critico che si
contrapponga al relativismo contemporaneo - e ai suoi surrogati sociali e
politici - in vista di ciò che riteniamo una fonte permanente e sempre attuale
di senso. Questa idea, che unica può essere fatta valere contro le fluttuazioni
e le tempeste dell'epoca, questo appello a ciò che fonda e che può essere
obliato ma mai distrutto, sono ciò che accomuna tutti coloro che collaborano a
questo canale.
Quale
è la vostra opinione in merito alle ultime notizie sul vaccino del Coronavirus?
Senza entrare nel merito della tempistiche del suo
annuncio, riteniamo che la notizia sia sospetta e per certi versi allarmante.
Innanzitutto i tempi in cui sarebbe stato approntato sono incompatibili con una
sperimentazione standard. A ciò bisogna aggiungere tutte le riserve sui rischi
dei vaccini del RNA - il cui utilizzo crediamo richieda un serio dibattito
prima che di tipo scientifico, di tipo etico - nonchè quelle sull'efficacia
delle vaccinazioni per coronavirus, su cui la comunità scientifica è tutt'altro
che unanime. Ci preoccupa l'idea più volte ventilata di una vaccinazione
obbligatoria, che a sua volta dovrebbe sollevare un serio dibattito sulle
condizioni del trattamento sanitario obbligatorio, a fronte dei diritti sanciti
e tutelati dalla Costituzione. Si innestano su questi temi, poi, il problema
delle ripercussioni legali e giuridiche di chi per motivi che riteniamo
sacrosanti rifiuti una vaccinazione obbligatoria la cui sicurezza si può
definire perlomeno dubbia. E' nostra opinione, inoltre, che l'enorme mole di
profitti che un tale affare planetario reca inevitabilmente richiedano
verifiche opportune, puntuali, trasparenti, su eventuali conflitti di
interesse, abusi, negligenze finalizzate al guadagno dei privati coinvolti, a
qualsiasi livello essi operino. Noi non siamo contrari di principio alla
vaccinazione: siamo contrari tuttavia al fatto che essa possa essere utilizzata
come strumento di profitto dalle lobbies farmaceutiche a scapito dei diritti e
della sicurezza della popolazione, nonché riteniamo sia necessario vigilare sulle
forme e sui modi in cui il potere politico pretende di disporre del corpo dei
cittadini, in forme altamente problematiche dal punto di vista del diritto. Ci
chiediamo se creando un precedente legittimato dall'eccezionalità della
situazione, non si potrà poi dare per acquisiti nuovi paradigmi biopolitici a
cui molti già accennano. In sostanza, noi chiediamo un dibattito serio, che
garantisca autentica pluralità, su tutte queste questioni, da opporre al' acclamazione
corale e acritica di chi promuove una visione semplificata e propagandistica
del vaccino come panacea globale.
Che
"soluzione" al Covid proporreste invece di un vaccino?
Ci viene detto che il problema del Covid-19 non è
la mortalità ma il suo impatto sul sistema sanitario, dovuto alla velocità con
cui si diffonde l'infezione: le misure di contenimento messe in atto
servirebbero a rallentarne la diffusione in vista della possibilità di poterne
assorbire gli effetti da parte delle strutture sanitarie. Riteniamo che sia
necessario dunque intervenire affinché non si verifichi un sovraccarico delle
strutture ospedaliere, senza il quale non esisterebbe emergenza. Questo a parer
nostro si otterrebbe fortificando le strutture di base e la terapia
domiciliare, innanzitutto. Quindi protocolli ad hoc e personale, tanto di
supporto straordinario ai medici di base, che disponibile e formato a fornire
assistenza domiciliare. Indispensabile sarebbe inoltre una adeguata formazione
e vigilanza sulle fasce deboli della popolazione (anziani, malati,
immunodepressi), in quanto figure autenticamente esposte ai reali rischi della
malattia. Per il restante della popolazione, sarebbero sufficienti norme di
profilassi informate al buon senso, al fine di
realizzare progressivamente e in modo raffreddato l'immunità di gregge, come
accade normalmente per qualsiasi altra epidemia virale di scarsa pericolosità.
Realmente fondamentale sarebbe evitare il panico diffuso dal terrorismo
mediatico, che sappiamo essere il principale fattore per cui le persone si
riversano sulle strutture sanitarie, nonché accantonare misure di contenimento
irrazionali, sproporzionate e irrealistiche, che hanno un pesantissimo impatto
sulla compagine sociale, sia in termine di salute pubblica (si pensi ai traumi
psicologici dello stress da lockdown, nonché alle morti causate indirettamente
dalle disfunzioni del sistema sanitario), che di danni all'economia, in termini
di occupazioni, consumi e mercati.
Quale
è la vostra principale critica alla gestione della crisi da parte del governo,
se doveste evidenziarne una?
Fermo restando quanto detto sopra, noi riteniamo che il problema non sia specificamente italiano, ma essenzialmente planetario. Le scarse eccezioni non fanno che confermare la regola che sostanzialmente tutti i paesi sono allineati alla narrazione pandemica condivisa, la quale, secondo la linea di pensiero che sposiamo, non è realistica ma frutto di una pesante manipolazione. La nostra non è tanto una critica, quanto un atto d'accusa. Noi sosteniamo che il modo in cui è stata gestita questa situazione non ha un legame diretto con l'emergenza sanitaria, ma osserviamo invece una serie di cambiamenti che hanno un impatto strutturale sulla politica, l'economia e la società, tali da poter essere giustificati solo ricorrendo a un ordine di esigenze diverso da quello sanitario, pena la loro completa irrazionalità. Siamo convinti che non esista l'irrazionale nella ragion di stato, ma solo ragioni che non sono immediatamente visibili (o opportunamente celate) che possiamo eventualmente ricostruire, sempre con beneficio del dubbio e mantenendo aperto l'orizzonte critico, a partire dai loro effetti e dalle loro conseguenze. Se mi chiede, dunque, quale è la critica che muoviamo al governo (e che le ripeto, è più propriamente un'accusa), essa è di star perseguendo, in modo tutt'altro che limpido e trasparente, finalità non dichiarate e diverse da quelle manifestate pubblicamente, appoggiandosi e trovando legittimazione al proprio operato nel presente (e presunto) stato di criticità sanitaria.
Intervista rilasciata alla studentessa di
giornalismo a City University Elena Siniscalco