"Chi nega o minimizza la pandemia lo fa per paura": quante volte l'avete sentito dire? Secondo questa caricatura - che pare avere molto successo, tanto che oggi è l'argomento più cavalcato dagli "affermazionisti" - il "negazionista" sarebbe frutto di una regressione emotiva che lo porterebbe, per incapacità di accettare la realtà, a negare i fatti che la scienza dimostrerebbe incontrovertibilmente.
L'argomento ha successo perchè permette in un
colpo solo di squalificare l'interlocutore, le domande che pone e gli argomenti
che porta. In pratica, permette di esimersi dall'affrontare la questione sul
piano e nei modi propri dei critici della versione mainstream, ossia quelli
della razionalità e del buon senso. Come? Relegando il "negazionista"
fuori dall'ambito della ragione, che è quello del diritto e del discorso. Gli
psichiatri, principali sostenitori della tesi, ancora una volta subiscono la
tentazione di farsi cani da guardia del potere.
Non conta che l'ipocondria di massa appaia, quella
sì, patologica e incompatibile con una vita sana e sensata. Non contano i
suicidi per disperazione di chi crede a un ambiente che si rappresenta
costantemente come una minaccia alla sopravvivenza e al futuro. Non conta
l'incremento del consumo di alcol, droghe e psicofarmaci utilizzati per tentare
di sfuggire all'alienazione di un mondo che risponde alle logiche di un
nosocomio o di un carcere globale. Non conta una società vittima di un fenomeno
di regressione tale da credere ciecamente alle favole perchè a raccontarle è una
voce che, autoritariamente, si proclama autorevole.