Il viaggio come prova, come iniziazione, come conquista di autenticità nel sommo rischio dell'altrove, è sia un istituto tradizionale che un mito romantico, il quale sopravvive tutt'oggi nell'immaginario dell'uomo secolarizzato. Sue parodie post-moderne sono ad esempio il turismo organizzato, le vacanze studio/lavoro e quella curiosa rivisitazione di ciò che fu il pellegrinaggio dei clerici vagantes (nonchè autentica fucina di omologazione culturale giovanile) che è l'esperienza Erasmus.
Se il fondo e il senso del viaggio sono
l'incontro/confronto con il diverso al fine di scoprire e definire la propria
identità, nonchè provare la propria capacità di vincere il timore dell'ignoto e
del rischio in vista della crescita e della conquista spirituali, allora ci chiediamo
come questo plesso di esperienze possa essere vissuto ancora nell'attuale mondo
globalizzato, dove ciò che si incontra in un altro continente è identico a ciò
che ci attende dietro l'angolo.
Rischiare e incontrare l'altrove e il diverso,
oggi, è soprattutto sfidare l'omologazione culturale, confrontarsi con i mostri
e le anomalie del pensiero, osare interrogare coloro che più si sono spinti
oltre, per accoglierli od abbatterli, e conquistare così la propria maturità ed
autonomia intellettuali.
In un mondo che è tremendamente rimpicciolito, il
pensiero ci invita ancora lontano, in sentieri che pochi hanno il coraggio di
affrontare.