Dove si è certi di essere nel vero, non vi è possibilità di dialogo e confronto, se non a due condizioni:
1. Condividere lo spazio di verità all'interno di cui si discute e ci si confronta, ossia il medesimo orizzonte tecnico/scientifico.
2. Poter esibire delle competenze che possano essere riconosciute all'interno di quell'ambito, ed essere così accolti tra coloro che hanno il titolo di interlocutore.
A queste condizioni, il dialogo/confronto non può produrre che infiniti florilegi di tautologie e petizioni di principio, ma soprattutto si priva così dell'agibilità politica non solo la stragrande maggioranza della popolazione, in quanto "incompetente", ma anche coloro che, "competenti", sono portatori di visioni disomogenee o critiche nei confronti dell'unico orizzonte tecnico/scientifico riconosciuto.
"Riconosciuto da chi?" ci si chiederà: ovviamente da quella stessa èlite che trae legittimazione da se stessa in quanto sedicente espressione maggioritaria della comunità scientifica.
A quanto pare, i tecnocrati sono democratici solo quando si tratta di nominare se stessi.
Quando deleghiamo potere politico a scienziati e tecnici, dobbiamo assumerci la responsabilità di tutto ciò, qualunque sia la posta in gioco.