La pretesa concessione dei "diritti"

"I diritti sono come un raggio di sole: se io mi abbronzo a te non rubo niente!" recita un adagio attualmente in circolazione. Una colossale bestialità.

Ad eccezione di una manciata di diritti civili, quelli veri (come il diritto al nome, al voto o alla libera circolazione), non può esistere, come è facilmente intuibile con un semplice esercizio di logica, un diritto che non faccia da contrappeso a un dovere/divieto per gli altri.

Non esistono i diritti fini a se stessi. Il diritto di un bambino a essere sfamato si realizza nel dovere dei genitori di provvedere alla sua sussistenza. Il diritto a non morire sul lavoro si traduce nel dovere del datore di lavoro di garantire ai lavoratori condizioni sicure. Il diritto di non essere aggrediti per strada può esprimersi solo nel divieto di aggressione. E così via.

Non è un caso che i dieci comandamenti, perfezione giuridica, scolpiti nella pietra, siano costituiti da dieci divieti e due doveri. Da essi scaturiscono tutta una serie di diritti per la comunità, da quello di vivere a quello alla verità. I moderni diritti sono invece sanciti da “carte”, più o meno igieniche, volatili, impalpabili, suscettibili di modifiche e integrazioni lastricate di buone intenzioni, come “il diritto alla privacy dei bambini”, che tradotto significa il divieto fatto ai genitori di esercitare un controllo volto alla protezione.

“Concedere diritti” suona bene, ma è solo un involucro colorato nel quale viene avvolta la caramella avvelenata della coercizione, un espediente retorico, un raggiro per imporre doveri e divieti. Vediamo infatti che parallelamente all’acquisizione di determinati diritti, i questuanti gradualmente mutano in carnefici e partono le purghe.

Chi pretende lamentosamente diritti, affermando che non vi sta levando nulla, vi sta prendendo sonoramente per i fondelli. E vi leverà molto.



L'era dell'informaticismo

Siamo passati dal macchinismo all'informaticismo, ossia dall'età industriale a quella dell'informazione. Nell'epoca industriale deteneva il potere chi aveva i mezzi di produzione e il capitale; nell'età dell'informazione comanda chi detiene i mezzi di comunicazione e gli strumenti di trasmissione, elaborazione e trasporto dei dati.

A partire da questa assunzione, dovremmo riflettere innanzitutto sul potere che stiamo delegando con noncuranza ai media e ai loro scagnozzi. In secondo luogo soffermarci sul senso della partita che in Italia si sta giocando per la banda larga e la digitalizzazione.

Negli ultimi anni abbiamo visto cosa si può fare con una campagna di informazione serrata e coordinata, e abbiamo dato prova della nostra assoluta permeabilità e manipolabilità. Naturale conseguenza non può essere che estendere, efficientare e potenziare il mezzo.

Quando dicono che è necessario digitalizzare il paese, non significa altro che è necessario estendere le maglie del controllo.