Si può dire in modo assoluto che le folle non sono
influenzabili con ragionamenti. Ma gli argomenti che esse impiegano e quelli
che agiscono su di esse appaiono, dal punto di vista logico, di un ordine
talmente inferiore che solo per via di analogia si può qualificarli come
ragionamenti.
I ragionamenti inferiori delle folle sono, come i
ragionamenti elevati, basati su associazioni: ma le idee associate delle folle
non hanno tra di loro che legami apparenti di rassomiglianza e di successione.
E si legano nello stesso modo di quelle di un Eschimese il quale, sapendo per
esperienza che il ghiaccio, corpo trasparente, si fonde in bocca, ne conclude
che il vetro, corpo ugualmente trasparente, deve anch'esso fondersi in bocca; o
di quelle di un selvaggio ii quale immagina che mangiando il cuore di un nemico
coraggioso egli acquista il suo coraggio; o ancora di quelle dell'operaio che,
sfruttato da un padrone, ne conclude che tutti i padroni sono sfruttatori.
Associazione di cose dissimili, non avendo tra di
esse che rapporti apparenti, e generalizzazione immediata di casi particolari :
tali sono i caratteri della logica collettiva. Gli oratori che sanno maneggiare
le folle, presentano sempre loro associazioni di questo genere che sole possono
influenzarle. Una serie di ragionamenti stringati, sarebbe totalmente
incomprensibile alle folle, e perciò é permesso dire che esse non ragionano o
fanno ragionamenti falsi, e non sono influenzabili con un ragionamento. La
leggerezza di certi discorsi che hanno esercitato un'influenza enorme sugli
uditori, talvolta stupisce alla lettura; ma si dimentica che essi furono fatti
per trascinare delle collettività, e non per essere letti da filosofi.
L'oratore, in intima comunione con la folla, sa evocare le immagini che la
seducono. Se egli riesce, il suo scopo é stato raggiunto; e un volume di
arringhe non vale le poche frasi che sono riuscite a sedurre gli animi che
bisognava convincere.
Inutile aggiungere che l'importanza delle folle a
ragionare giustamente le priva di ogni spirito critico, vale a dire
dell'attitudine di discernere la verità dall'errore, e a formulare un giudizio
preciso. I giudizi che esse accettano non sono che quelli imposti e mai quelli
discussi. Sotto questo punto di vista, numerosi sono gli individui che non si
elevano sopra le folle. La facilità con la quale certe opinioni diventano generali
deriva specialmente dalla impossibilità della gran parte degli uomini di
formarsi un'opinione particolare basata sui propri ragionamenti.
Il primo pericolo di questa educazione - molto
giustamente qualificata latina - é di basarsi su un errore psicologico
fondamentale: credere che l'imparare a memoria dei manuali, sviluppi
l'intelligenza. Quindi si cerca d'imparare il più possibile; e dalla
scuola elementare all'università, il giovanetto non fa che impinzarsi del
contenuto dei libri, senza esercitare mai il suo giudizio e la sua iniziativa.
L'istruzione, per lui, consiste nel recitare e obbedire. « Imparare delle
lezioni, sapere a memoria una grammatica o un compendio, ripeterli bene, ecco -
scriveva un vecchio ministro dell'Istruzione pubblica, Jules Simon - una
piacevole educazione dove tutto lo sforzo è un atto di fede davanti
all'infallibilità del maestro, e che non riesce che a sminuirci e a renderci
impotenti ».Se questa educazione fosse soltanto inutile, ci si potrebbe
limitare a compiangere disgraziati fanciulli ai quali si preferisce insegnare,
invece di tante cose necessarie, la genealogia dei figli di Clotario, le lotte
della Néustria e dell'Austrasia, o delle classificazioni zoologiche; ma essa
presenta il pericolo assai più serio di ispirare in colui che l'ha ricevuta, un
disgusto violento della condizione in cui é nato, e l'intenso desiderio di
uscirne. L'operaio non vuol più rimanere operaio, il contadino non vuole essere
più contadino, e l'ultimo fra i borghesi più non vede per suo figlio altra
carriera possibile che quella di funzionario di Stato. Invece di preparare
degli uomini per la vita, la scuola non li prepara che a funzioni pubbliche in
cui la riuscita non esige alcuno spirito d'iniziativa. In basso alla scala
sociale, essa crea quei militi del proletariato scontenti del loro destino e
sempre pronti alla rivolta, in alto, la borghesia frivola, scettica e credula
ad un tempo, tutta piena di fiducia verso lo Stato provvidente e che tuttavia
essa biasima continuamente, incolpando sempre il governo delle proprie colpe e
incapace di intraprendere qualsiasi cosa senza l'intervento dell'autorità.
Soltanto l'esperienza, unica educatrice dei
popoli, si incaricherà di disvelarci il nostro errore.
Soltanto essa saprà provarci la necessità di
sostituire i nostri odiosi manuali, i nostri meschini concorsi per
un'istruzione professionale capace di ricondurre la giovinezza verso i campi,
le officine, le imprese coloniali, oggi abbandonate.
Quest'istruzione professionale, ora reclamata da
tutti gli spiriti illuminati, fu quella che ricevettero un tempo i nostri
padri, e che i popoli attualmente dominatori del mondo hanno saputo conservare
con la loro volontà, la loro iniziativa, il loro spirito intraprendente.
Fonte: tratto da "Psicologie delle
folle" di G.LeBon (Ed.Clandestine)