Su Julius Evola è stato
scritto di tutto e di più, sicuramente non si aggiungerà nulla di nuovo qui, né
tantomeno si ha la pretesa di spiegare le sue opere in poche righe.
Un aspetto che però a mio
avviso si deve continuare a sottolineare è la non comprensione e l’utilizzo
politicizzato che si fa dei suoi testi.
Qualcuno giustamente lo ha
definito “il
maestro che non aveva discepoli”.
Partirei da una risposta
che lo studioso romano diede a Gianfranco De Turris in un’ intervista:
“Oggi
vi sono gli evolomani. Fenomeni del genere sono inevitabili, ma devo
assolutamente oppormi all’affermazione che delle idee da me difese si siano
impossessate destre squallide e culturalmente vili le quali di me avrebbero
fatto un loro araldo.”
Ed è proprio questo il
punto, ovvero l’utilizzo che si fa tutt’ora delle opere di Evola come scudo
culturale in certi ambienti del neofascismo.
Quello che è fondamentale
da comprendere è che non si può leggere Evola se prima non si riesce a capire
il contesto sovratemporale in cui si muove il suo pensiero, altrimenti diviene
poi molto semplice cadere in visioni semplicistiche.
E’ bene sottolineare che
Evola in democrazia non ha mai preso parte a nessun partito politico, non ha
mai dato il voto a nessuna elezione, si è rifiutato di prendere una laurea già
conseguita per disprezzo dei titoli accademici, non si è mai sposato e ha
sempre avuto uno stile di vita coerente con quanto professato.
A Franco Freda in merito
alla creazione di nuovi movimenti politici Evola fece presente che:
“Non
credo tuttavia di poter andar incontro al Suo desiderio; le esperienze fatte mi
consigliano a non affiancarmi ormai a nessuna formazione che anche
consequenzialmente partecipi ad una lotta politica.
Il mio punto di vista, oggi, è quello di cui il mio ultimo libro, Cavalcare la tigre"
Il mio punto di vista, oggi, è quello di cui il mio ultimo libro, Cavalcare la tigre"
Tuttavia, come sappiamo,
il nome di Evola è da sempre accostato al fascismo, e si sa che qualunque nome
venga avvicinato ad esso diviene un mostro tentacolare da distruggere ancor
prima di conoscerne il nome.
Ne “Il cammino del
cinabro”, Evola racconta molto bene i suoi rapporti col Fascismo e con
Mussolini.
Molti intellettuali di
allora salirono sul carro fascista, per poi, una volta caduto il regime,
scenderci come nulla fosse.
A differenza loro, Evola
ebbe rapporti controversi ed a causa della sua grande onestà e passione fu
l’unico in grado di discutere il fascismo a livello di contenuti e non con la
retorica.
Egli vide nel fascismo un'
espressione della classe media, un fiacco tradizionalismo cattolicheggiante,
borghese e conformista.
Affermò:
“Il
fascismo è sorto dal basso, da esigenze confuse e da forze brute scatenate
dalla guerra europea, si è alimentato di compromessi e di piccole ambizioni”.
I suoi rapporti col
fascismo, che in fin dei conti non lo vide di buon occhio, furono in ogni caso
controversi e necessiterebbero di analisi approfondite, partendo dai suoi
scritti nelle riviste di regime, ma soprattutto prendendo come riferimento la
sua limpida autobiografia.
Oggi le nuove destre
partitocratiche e borghesi lo annoverano spesso tra i propri riferimenti, e
allora credo sia lecito chiedersi cosa abbiano capito costoro della complessità
dell’opera di Julius Evola.
Uno degli argomenti più
scottanti con cui ci si fa scudo attraverso Julius Evola è il razzismo.
Ma prima di entrare nel
merito del problema razziale, è di dovere almeno una brevissima introduzione su
ciò di cui si occupò Evola nella sua vita.
Evola studiò la morfologia
delle civiltà ampliando le prospettive per tentare di far comprendere a fondo
la vera natura del mondo moderno, la derivazione reale della sua
crisi, studiandone dettagliatamente i problemi su più domini.
Evola fu uno studioso
completo, dalle correnti artistiche giovanili come il Futurismo e il Dadaismo,
egli divenne prima filosofo, attraversando il pensiero di Nietzsche e molti
grandi pensatori, per poi elevarsi verso altre sfere, dedicando la sua
esistenza allo studio della Tradizione.
Oltre alle sue opere più
famose come “Rivolta
Contro Il Mondo Moderno”, “Gli Uomini e Le
Rovine” e “Cavalcare La Tigre”,
nella sua vita toccò praticamente tutto, basta solamente citare alcuni titoli
dei suoi libri per farsi una idea.
“Metafisica
Del Sesso” è uno studio a trecentosessanta gradi sulla sessualità, “Maschera e Volto
Dello Spiritualismo Contemporaneo” è un’ opera tutt’ora
attualissima in cui venivano denunciate le nuove correnti neospiritualistiche e
psichiche, “La
Dottrina Del Risveglio” è un saggio sul Buddhismo delle Origini (che
ebbe il crisma del più illustre centro di studi buddhistici), “Lo Yoga Della
Potenza” è uno studio sul Tantrismo e lo Shaktismo, “La Tradizione
Ermetica” è un’opera sull’ermetismo alchemico, “Il mistero del
Graal” è un testo sulla regalità.
E non sono tutti, insomma
Evola si accostò a diversi ambiti e discipline e lo fece con grande dedizione,
pur mostrando dei limiti.
I libri più scomodi , che
contribuirono ad affibiargli l’etichetta di “fascista e razzista”, credo però
che siano stati quelli sulla questione razziale ed ebraica.
In particolare “Sintesi Della Dottrina
Della Razza” e “Il Mito Del Sangue” sui
quali ci sarebbe da dire molto.
Ai tempi in cui il regime
fascista propagandava il banale “manifesto della razza”, Evola contrappose
opere sul medesimo argomento di tutt'altro spessore.
Nel 1937 Evola con “Il Mito Del Sangue” cominciò
a studiare seriamente l’argomento partendo dalle visioni del De Gobineau e
cercando di comprendere a fondo la derivazione del problema.
Ogni popolo per Evola ha
una forza formatrice dall' interno, e le diversità costituiscono la perfetta
armonia dell’universo, solo nel molteplice, nel diverso, vi è armonia.
Lo studioso romano non
parlò mai di razzismo biologico, riporto un passaggio:
“l’uomo
in quanto tale non si riduce a determinarsi con elementi biologici, istintivi,
ereditari e naturalistici: se tutto ciò ha una parte trascurata da uno
spiritualismo sospetto, esagerata da un miope positivismo, pure sta di fatto
che l’uomo si distingue dall'animale in quanto partecipa a un elemento
soprannaturale, superbiologico, solo in funzione del quale egli può essere
libero e se stesso. Tra l’uno e l’altro elemento intermedio sta l’anima. La
distinzione nell'essere umano di tre principi diversi (corpo, anima, spirito) è
fondamentale per la veduta tradizionale: questa tripartizione si ritrova in
tutti gli insegnamenti tradizionali. A essa corrisponde per esempio la trinità
romana di mens, anima, corpus, e quella greca di nous, psychè, soma. La prima
componente, il corpo individua il fenomeno biologico, la seconda componente
l’anima viene definita in termini di sensibilità vitale, mentre la terza
componente lo spirito designa la qualità superazionale e superindividuale che
non può essere confusa con l’intelletto astratto di cui parlano i pensatori
moderni. In via analogica, la triade umana corpo-anima-spirito corrisponde a
quella cosmica terra-luna-sole.”
Inoltre riferendosi a
Hitler e al mito della razza superiore, Evola affermava:
“E’
il mito quale lo può concepire un dilettante che si accontenta di formule vaghe
da usare come semplici strumenti politici”
Anche il modo in cui Evola
considerò il problema ebraico era assai diverso dalle posizioni de “La Difesa Della
razza” e degli altri documenti del regime.
Evola dimostrò come
l’azione “corrosiva”,di cui tanto si parlava ai tempi,era svolta da elementi
ebraici secolarizzati, staccatisi dall’antica tradizione. Anzi, contro la
tradizione ebraica, Evola aveva ben poco da eccepire, lo si può notare anche
solo dal fatto che egli spesso nei suoi libri citi la Kabbalah, antichi testi sapienziali
e autori ebrei (come ad esempio Michelstaedter).
Non parlò mai di razza
antropologica in riferimento agli ebrei ma di un miscuglio tenuto insieme da
alcune caratteristiche spirituali. In “Tre aspetti del
problema Ebraico” egli fu molto chiaro sull'argomento.
Tutto questo per dire,
onde evitare fraintendimenti, che non esiste alcun testo di Evola che possa
essere letto senza un’adeguata preparazione, davvero in troppi negli anni hanno
interpretato in maniera limitata o mal compreso e politicizzato i suoi scritti.
E' evidente che la
divulgazione a tappeto dei suoi testi ha inevitabilmente prodotto delle
risultanti preoccupanti.
C’è chi si è chiuso in una
torre d’avorio con snobismo aristocratico credendo di essere l’unico
depositario di grandi verità. O chi, causa l’ “anarchia” Evoliana nel non
inserirsi in alcuna tradizione ortodossa, ha amalgamato i suoi studi con quelli
di personaggi come Crowley e Kremmerz facendo una bella frittata.
Certo, qualcuno ora potrà
controbattere che “gli alberi si valutano dai frutti” ed anche questo è vero.
Se in tanti hanno
frainteso il pensiero di Evola qualche responsabilità lo studioso romano deve
pur avercela.
Ed effettivamente è così,
Evola ha percorso tanti sentieri ed in vecchiaia molti di essi li ha
riconosciuti come fallaci (basti pensare ad un'opera come Imperialismo Pagano,
rivalutata in negativo dall'autore).
Era un uomo, non un
profeta, ha intuito molti scenari in anticipo, ha fatto ottime analisi ma allo
stesso tempo anche tanti errori.
Il fatto che in molti lo
abbiano scambiato per un guru infallibile non è però certo colpa del Barone la
cui spinta verso la conoscenza fu comunque autentica e profonda.