Il panico che oggi vediamo dilagare ovunque è già espressione di uno spirito intaccato, di un nichilismo passivo che stimola quello attivo. Niente di più semplice che intimorire un uomo già persuaso che tutto avrà fine nel momento in cui verrà meno la sua fugace presenza sulla terra. I nuovi padroni di schiavi lo sanno, e solo per questo danno tanta importanza alle teorie materialistiche. Nell'ora della rivolta queste teorie servono a sgretolare l’ordine costituito e, dopo la conquista del potere, a rendere perenne il terrore. Non debbono più esserci bastioni su cui l’uomo possa sentirsi inattaccabile, e dunque libero dalla paura.
È invece importante sapere che ogni uomo è immortale, che in lui alberga una vita eterna, terra inesplorata e tuttavia abitata che anche se lui stesso ne nega l’esistenza nessun potere temporale potrà mai strappargli. Per molti, o addirittura quasi tutti, l’accesso assomiglia a un pozzo dove per millenni sono stati scaricati rovine e detriti. Non appena essi vengono rimossi, riappaiono sul fondo non solo la sorgente, ma anche le antiche immagini. L’uomo è infinitamente più ricco di quanto supponga. È una ricchezza, la sua, di cui nessuno può spogliarlo, e che nel corso delle epoche riaffiora sempre, soprattutto quando il dolore ha messo allo scoperto le profondità.
È questo ciò che l’uomo vuole sapere. Qui è il nucleo della sua inquietudine temporale. L’origine della sua sete che cresce nel deserto – e questo deserto è il tempo. Quanto più il tempo si dilata, quanto più il tempo è consapevole e tirannico, e però anche vuoto fin nei suoi frammenti più minuti, tanto più ardente si fa la sete di ordini superiori.
A buon diritto l’assetato chiede al teologo di lenire la sua sofferenza – secondo l’antichissimo modello teologico della verga che fa sgorgare l’acqua dalla roccia. E se, per tali questioni supreme, lo spirito ora si rivolge al filosofo per poi accontentarsi di interpretazioni del mondo sempre più modeste, ciò non significa che si sono modificati i fondamenti dell’esistenza, ma che i mediatori non sono più chiamati a sollevare il velo. A queste condizioni è preferibile la scienza, poiché tra i detriti che ostruiscono le vie d’accesso vi sono anche le grandi, antiche parole che sono diventate dapprima convenzionali, poi irritanti e alla fine soltanto noiose. Le parole si muovono con la nave; luogo del Verbo è il bosco. Ma il Verbo riposa sotto le parole come il fondo d’oro sotto il dipinto di un primitivo. Quando il Verbo non anima più le parole, sotto i fiumi di parole si diffonde un silenzio atroce – nei templi innanzitutto, trasformati in tombe fastose, poi sui sagrati.
Uno dei grandi avvenimenti è il volgersi della filosofia dalla conoscenza alla lingua; lo spirito si trova ora in stretto rapporto con un fenomeno originario. È un fatto più importante di tutte le scoperte della fisica. Il pensatore accede a un territorio dove, finalmente, può di nuovo allearsi non soltanto con il teologo, ma anche con il poeta.
Fonte: tratto da"Il Ribelle" di E.Junger (Ed.Adelphi)