«Non credevo in Dio vent’anni fa così come non
credo oggi. Ciò che è effettivamente cambiato è la mia consapevolezza di tutto
il male che può essere fatto in nome della religione… La Peste (del 1347-52)
rivelò a tutti la verità: il clero era completamente impotente… La scoperta
dell’infezione batterica ha permesso di salvare la pelle a milioni di persone
dimostrando che i pregiudizi antiscientifici della religione non avevano alcun
fondamento». Non varrebbe la pena di perder tempo e inchiostro citando questo
bouquet di sciocchezze, di banalità, di errori e di bugie: se esso non fosse
uscito ohimè - salvo auspicabili ma improbabili smentite - dalla bocca di uno
dei più arcinoti, arciletti e idolatrati scrittori del nostro tempo (..)
A tutto c’è un limite. Nulla da dire sul Follett autore di thriller di
successo, come La cruna dell’ago. Ma quand’egli si cimenta con i temi storici,
specie quelli legati al Medioevo, bisogna dire che i risultati sul piano
appunto storico sono deludenti: il suo gettonatissimo I pilastri della
terra è, sotto il profilo della ricostruzione di quello che egli presenta
come "il Medioevo", un ridicolo polpettone nel quale navigano (ed è
il lato migliore) reminiscenze di Victor Hugo condite in una salsa che sta fra
Disneyland e Carolina Invernizio. Non ho ancora letto Mondo senza fine, e non
posso quindi giudicarlo: ma, stando alle dichiarazioni del suo autore, c’è
davvero di che indignarsi.
L’intervistatore ha l’aria di aver scoperto qualcosa di nuovo e d’originale,
«un Medioevo molto lontano dalla rappresentazione stereotipata di epoca
immobile e priva d’innovazione». Scappa da ridere, ma scappa anche la pazienza.
Da decenni la medievistica mondiale ci va al contrario ripetendo - da Bloch a
Le Goff a Tabacco a mille altri - che, al contrario, il cosiddetto Medioevo
(un’età convenzionalmente definibile, e comunque lunghissima, perfino oltre un
millennio secondo alcuni) fu caratterizzata da una profonda sperimentazione in
tutti i campi, dalla tecnologia alla politologia. Perfino un mistico come
Bernardo di Clairvaux era un innamorato delle macchine, dei mulini e delle
gualchiere che lavoravano nei monasteri cistercensi. Follett è liberissimo di
essere ateo e anticlericale: ma, se decide di parlare del Medioevo, non è
affatto libero d’ignorare tutto dell’autentica passione per la ricerca e
l’innovazione che investe personaggi come Gerberto d’Aurillac, Ruggero Bacone e
tanti altri: chierici, sacerdoti, religiosi e mistici, non qualche isolato
sognatore alchimista o ereticheggiante.
Ma la Chiesa inventata dal Follett nel suo ultimo romanzo, a sentir lui, è una
cosca di profittatori, di ladri, di sfruttatori e di violentatori. Viene la
peste a metà Trecento, e non fa nulla né per combatterla, né per alleviare le
pene della gente. Secondo il Follet, le università, gli ospedali, le enormi
opere di misericordia sono nulla. Secondo lui, le responsabilità del fatto che
la meccanica delle infezioni batteriche non fosse nota prima dell’Ottocento è
da ascriversi ai «pregiudizi antiscientifici della religione». Non gli passa
nemmeno per la testa che le tesi relative al contagio dovuto alla «corruzione
dell’aria» o allo «squilibrio degli umori fisici» fossero in realtà, appunto,
la scienza del tempo, quella praticata da tutta una società: e dalla Chiesa
stessa, appunto, nella misura in cui Chiesa e società del tempo coincidevano.
Rinvio gli interessati a conoscere qualcosa di più a proposito della Peste Nera
al mio recente libro Le cento novelle contro la morte (edizioni
Salerno), dove il periodo esaminato dal Follett è considerato sotto il profilo
della medievistica più recente. In particolare, non è affatto così pacifico che
l’epidemia si portò con sé i due terzi della popolazione europea: in realtà le
vittime del contagio si dislocarono «a chiazze di leopardo», secondo una
geografia difficile da comprendere. In molti casi, i morti furono ben superiori
alla stima data dallo scrittore gallese; in altri, viceversa, addirittura il
contagio non passò. Noto al riguardo il caso della città di Milano, che venne
misteriosamente e miracolosamente risparmiata. Quanto al conflitto fra scienza
e Chiesa, ripeto, esso non ci fu affatto. I medici del tempo erano
assolutamente inquadrati all’interno di un sapere coerente e coeso, nel quale
teologia e fisiologia profondamente convivevano. Le critiche espresse dal
romanziere non hanno quindi alcuna credibilità e discendono chiaramente o dalla
sua ignoranza dei dati di fatto, o dal suo pervicace anti-cattolicesimo, o da
un’antipatica miscela di entrambe le cose.
Questa "tirata" anticristiana e, soprattutto, anticattolica, finisce
appunto per colpire tutte le religioni e il fatto religioso in sé. Dalla
religione e dall’homo religiosus nascono tutti i mali del mondo, allora
come oggi. La sete di guadagno, le distruzioni indiscriminate dell’ambiente nel
nome del profitto, l’illimitata volontà di potenza delle élites economiche e
finanziarie e dei loro complici executives non hanno alcuna responsabilità.
Tutto è colpa di Dio e di chi ci crede.
Franco Cardini