La manipolazione consapevole e intelligente, delle
opinioni e delle abitudini delle masse svolge un ruolo importante in una
società democratica, coloro i quali padroneggiano questo dispositivo sociale
costituiscono un potere invisibile che dirige veramente il paese.
Noi siamo in gran parte governati da uomini di cui
ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra mentalità,
orientare i nostri gusti, suggerirci cosa pensare. Questa è la logica
conseguenza di come è organizzata la nostra società democratica basata sulla
cooperazione del maggior numero di persone, necessaria affinché possiamo
convivere in un mondo il cui funzionamento è ben oliato.
Molto spesso i nostri capi invisibili non
conoscono l’identità degli altri membri di quell’esecutivo ristretto di cui
fanno parte. Ci governano in virtù della loro autorità naturale, della loro
capacità di formulare le idee che ci servono e della posizione che occupano
nella struttura sociale. Poco importa come reagiamo individualmente a questa
situazione, poiché in tutti gli aspetti della vita quotidiana, dalla politica
agli affari, dal nostro comportamento sociale o ai nostri valori morali, di
fatto siamo dominati da un piccolo numero di persone capaci di comprendere i
processi mentali e i modelli sociali delle masse.
Sono loro che tirano le fila, controllano
l’opinione pubblica, sfruttano le vecchie forze sociali esistenti, inventano
altri modi per organizzare il mondo e guidarlo.
In genere non comprendiamo fino a che punto questi
capi invisibili siano indispensabili per il buon funzionamento della vita
collettiva.
(…)
In teoria ciascuno ha le sue idee per quanto
concerne la vita pubblica e quella privata, in pratica se tutti i cittadini
dovesse- ro studiare per proprio conto tutto ciò che riguarda le informazioni
astratte di ordine economico, politico e morale che entrano in gioco quando
si affronta anche il minimo argomento, si renderebbero ben presto conto di non
poter giungere a nessuna conclusione. Perciò abbiamo lasciato, volontariamente,
a un governo invisibile il compito di passare al vaglio le informazioni per
individuare il problema principale, e ricondurre la scelta a proporzioni
realistiche. Accettiamo che i nostri dirigenti e gli organi di stampa da loro
utilizzati, ci indichino le questioni considerate di interesse generale.
Accettiamo che una guida morale, un pastore, uno studioso, o semplicemente
un’opinione diffusa ci prescrivano un codice di comportamento sociale
standardizzato al quale ci conformiamo per la maggior parte del tempo.
(…)
Le tecniche usate per inquadrare l’opinione
pubblica sono state inventate e poi sviluppate via, via che la società diventava più complessa e l’esigenza di un governo invisibile si rivelava sempre più
necessaria.
(…)
Oggi si profila una reazione, la minoranza ha
scoperto di poter influenzare la maggioranza in funzione dei suoi interessi,
ormai è possibile plasmare l’opinione delle masse per convincerle a orientare
nella direzione voluta la forza che hanno da poco acquisito. Un processo
inevitabile, data la struttura attuale della società.
La propaganda interviene necessariamente in tutti
i suoi aspetti rilevanti, che si tratti di politica, di finanza, di industria o
agricoltura, delle attività assistenziali o dell’educazione.
(…)
La propaganda è l’organo esecutivo del governo
invisibile. L’istruzione generalizzata doveva permettere alla persona comune di
padroneggiare l’ambiente in cui viveva. Se dobbiamo credere all’ideologia
democratica, dopo aver imparato a leggere e scrivere, essa avrebbe avuto le
capacità per governare, l’alfabetizzazione di massa invece le ha consegnato
una serie di idee stereotipate, sorta di stampini con slogan pubblicitari,
editoriali, informazioni più o meno scientifiche, futilità della stampa
scandalistica e luoghi comuni attinti dalla storia.
(…)
Presente dovunque la propaganda modifica le nostre
immagini mentali del mondo, anche se l’osservazione sembra troppo pessimista il che peraltro è da dimostrare le tendenze che l’opinione pubblica riflette
sono indubbiamente vere. Sempre di più la propaganda viene utilizzata perché è
stata riconosciuta la sua efficacia nell’ottenere l’adesione delle masse.
Perciò quando qualcuno non importa chi ha una sufficiente influenza, può
trascinare con sé una parte della popolazione, almeno per un certo tempo e
verso un obiettivo preciso. Una volta coloro che governavano erano delle guide,
dei capi, orientavano il corso della storia facendo ciò avevano progettato.
Gli attuali successori di quei personaggi e che esercitano il potere in virtù
della loro posizione e delle loro attitudini, non possono più fare ciò che
vogliono senza il consenso delle masse e per ottenerlo hanno trovato uno
strumento sempre più affidabile nella propaganda, che ha quindi un radioso
futuro davanti a sé.
(…)
Lo studio sistematico della psicologia delle folle
ha rivelato il potenziale che rappresenta per il governo invisibile della
società la manipolazione delle motivazioni che guidano l’azione di un gruppo.
Trotter e Le Bon inizialmente hanno affrontato l’argomento da un punto di vista
scientifico, Graham Wallas, Walter Lippmann e altri che hanno proseguito le
ricerche sulla mentalità collettiva, sono riusciti a dimostrare che il gruppo
non aveva le stesse caratteristiche psichiche dell’individuo ed era motivato da
impulsi ed emozioni che le conoscenze sulla psicologia individuale non
riuscivano a spiegare.
(…)
Da ciò l’interrogativo: se si riesce a
identificare i meccanismi e le molle della mentalità collettiva, non si
potrebbero controllare le masse e mobilitarle a piacere senza che se ne rendano
conto?
(…)
Le recenti azioni di propaganda hanno dimostrato
che ciò era possibile, sia pure fino a un certo punto ed entro determinati
limiti. La psicologia collettiva è ancora lungi dall’essere una scienza esatta
e i misteri delle motivazioni umane sono ancora in parte sconosciuti.
In questo quadro l’alleanza tra teoria e pratica
si rivela fruttuosa e consente di affermare che, in alcuni casi, l’attivazione
di un certo meccanismo provoca effettivamente un mutamento dell’opinione pubblica
molto vicino a quello previsto.
(…)
Benché la propaganda non sia una scienza
sperimentale, essa tuttavia ha superato quella dimensione empirica che la
caratterizzava prima degli studi sulla psicologia delle folle. È scientifica
nel senso che cerca di basare le sue operazioni su conoscenze precise, tratte
dall’osservazione diretta della mentalità collettiva e nel contempo su principi
la cui coerenza e sufficiente regolarità sono state dimostrate. Così come fa lo
scienziato nel suo laboratorio, anche il propagandista moderno studia
sistematicamente il materiale su cui lavora.
(…)
Per quanto limitato possa essere il settore della
psicologia collettiva su cui lavora, il propagandista deve sempre mettere nel
conto un significativo margine d’errore. La propaganda non è una scienza
esatta, così come non lo sono l’economia e la sociologia, perché tutte e tre
hanno come oggetto di studio l’essere umano.
Quando si riesce a influenzare un leader, che ne
sia consapevole o no, che accetti o no di cooperare, automaticamente si
influenza anche il gruppo cui fa riferimento.
(…)
Una volta il propagandista lavorava in funzione
della risposta psicologica “meccanica” allora in voga nelle nostre università
che assimilava lo spirito umano a una macchina, un sistema di nervi e centri
nervosi che reagiscono agli stimoli con una regolarità prevedibile, come un
automa senza difesa, privo di volontà. Lo specialista si limitava a creare lo
stimolo che avrebbe scatenato l’attesa risposta dell’acquirente individuale.
Secondo una dottrina di questa scuola psicologica, uno stimolo ripetuto spesso
finisce con l’indurre un’abitudine e un’idea ribadita con insistenza si traduce
in una convinzione. Immaginiamo allora che il responsabile delle vendite di un
grossista di carni sia stato incaricato di promuovere la vendita di bacon.
Secondo la vecchia strategia avrebbe tambureggiato queste esortazioni con una
pubblicità a tutta pagina: “Mangiate del bacon, mangiate del bacon: costa poco,
fa bene alla salute, il bacon vi darà delle riserve di energia.” Oggi invece il
responsabile delle vendite che ha capito la struttura della società e i
principi della psicologia collettiva, si chiederà prima di tutto: “chi sono
coloro che per la loro posizione influenzano le nostre abitudini alimentari?”
La risposta è ovvia: “i medici”. Questa nuova figura di venditore suggerirà al
corpo medico di pronunciarsi pubblicamente sugli effetti salutari prodotti dal
consumo di bacon e sa, con certezza matematica, conoscendo la dipendenza
psicologica dei pazienti nei confronti del loro medico, che la maggior parte
delle persone ne seguirà il consiglio.
(…)
Il propagandista della vecchia scuola si serviva
quasi esclusivamente del richiamo esercitato dal messaggio a stampa per cercare
di convincere il lettore individuale ad acquistare subito un certo prodotto.
Uno dei degli esempi più celebri, per molto tempo considerato come il tipo di
messaggio ideale per la sua semplicità ed efficacia, recitava: “COMPRATE (con
eventualmente l’indice puntato contro il lettore) i tacchi di caucciù O’Leary.
SUBITO/”
Attraverso la ripetizione e l’appello individuale
il pubblicitario cercava di vincere o piegare le resistenze dei compratori,
l’appello lanciato a cinquanta milioni di persone mirava a ciascuna di loro in
particolare.
(…)
I nuovi responsabili commerciali sanno che è
possibile, rivolgendosi agli uomini che compongono le masse attraverso le loro
formazioni collettive, suscitare correnti emotive e psicologiche che
lavoreranno per loro. Invece di attaccare frontalmente le resistenze dei
compratori, cercano di eliminarle e a tale scopo creano delle situazioni che,
canalizzando le correnti emotive, produrranno la domanda.
Fonte: tratto da "Propaganda" di E.
Bernays (Lupetti edizioni)