Si
dice che Pitagora fosse un filosofo, il quale insegnava che il numero è
l’essenza e il principio di ogni cosa. Ma questa non è che una delle
idiozie universalmente diffuse dallo scientismo. Secondo le fonti, non è
impossibile che sia stato lui a coniare il termine “filosofo”. Allorché
in una certa occasione gli fu chiesto: “Chi sei tu o Pitagora?” si
trovò imbarazzato anche lui, come la maggior parte di coloro ai quali
viene rivolta questa domanda, e sul momento non seppe cosa rispondere.
Chi sei? Che domanda da nulla! Uno sussulta e arrossisce. A questa
domanda tutte le risposte sono ugualmente inadeguate. Ci sono quelli
che si sono comportati in maniera intelligente come lo stesso Pitagora.
Sei saggio? – gli chiesero. No, rispose il maestro. Sono soltanto uno
che ama la saggezza (filo-sofos).
Questa
parola fu pronunciata allora per la prima volta? Per quanto riguarda i
numeri, la cosa non è poi cosi semplice. Sappiamo che la tradizione
primordiale, custodita dall’India, dall’Iran, dall’antico ebraismo,
dall’Egitto e dall’orfismo, aveva uno stretto rapporto con le
proporzioni geometriche, con le leggi dell’armonia musicale, con
l’armonia dei colori, con le misure etiche e coi numeri. Le
manifestazioni di questa proporzione e di questa misura erano, presso
ogni popolo del mondo, le danze, gli inni, le poesie, l’astronomia, le
leggi politiche. Ciò si esprime nello Yi-king cinese cosi come nel
Samkhya indù, nella Kabala giudaica, nel Thot egizio e nell’Orfeo greco.
Pitagora
dice che il numero rappresenta il limite tra il mondo visibile e quello
invisibile. E’ il fondamento delle cose nell’ordine materiale,
l’elemento non riconducibile ad un altro, esprimente la forma e la
qualità del nostro essere (systasis te kai genesis ton panton). Ma
questo fondamento e questo elemento si rapportano e rinviano al mondo
soprasensibile, al mondo delle idee pure. Il numero è la chiave con cui
lo spirito tocca e comprende la natura materiale e con cui la natura
tocca e comprende lo spirito. Il numero è la cosa di ogni cosa esistente
(arithmoi de te pant’epoiken).
E’
indubitabile che i numeri, come regolano l’orbita dei pianeti nel
cielo, cosi regolano il cielo degli uomini sulla terra. Ad ogni corpo,
forma, figura corrisponde, in ultima istanza, un qualche rapporto
numerico.
Pitagora
indagò i rapporti numerici che appaiono nel mondo visibile. Fece
diverse scoperte che stanno sul confine immediato della matematica e
della geometria.
I
colori, dice Goethe, sono azioni e tribolazioni della luce (Leiden und
Taten des Lichts). La tradizione ebraica insegna che il mondo è stato
creato secondo numero, peso e misura. In tal senso, tutto quanto il
mondo visibile non esiste se non nelle tribolazioni e nelle azioni dei
numeri. Ogni cosa ha un valore numerico definibile mediante un certo
peso, misura, proporzione, colore, forma. Ma anche ogni essere ha un
tale valore numerico. Bisogna trovare la legge universale dell’ordine
dei numeri. Chi ha decifrato questo segreto, ha decifrato il segreto del
dominio cosmico. Ha in mano l’eterno principio dell’ordine perfetto.
Da quel
poco che si è detto, risulta ormai chiaro che per Pitagora il numero ha
un significato diverso da quello che ha nella scienza naturale. Non solo
è diverso il comportamento dell’uomo nel riguardi del numero, ma è
diverso il numero stesso. Diversamente dal numero astratto di oggi,
quello di Pitagora è il numero ieratico e la più stretta analogia del
numero è la divinità. L’archetipo dell’Uno è la totalità (eidos panton),
Zeus; secondo altre formule è Apollo (Iperone), il figlio dell’altezza,
Helios, il sole, la causa prima, l’intelletto (Nous) , la parola
creatrice (logos spermatikos). Il due è numero della donna: Luna,
Artemide, in altri termini Hera. Pitagora capì il numero primordiale,
che oggi viene oscuramente percepito solo da artisti eccezionali e da
ancor più eccezionali pensatori, allorché in un fenomeno, in un
edificio, in una statua, in una danza essi avvertono l’ordine -
inaccessibile alla ragione – della proporzione, della misura e del ritmo
e nei fenomeni del destino riconoscono quell’armonia che può essere
definita soltanto col numero. Tutti sanno che tra la grande creazione
artistica, il fenomeno naturale, un bel paesaggio, una tempesta, un
terremoto, il destino personale e l’evento storico esiste una sintonia.
Tra i fenomeni cosmici e quelli terreni c’è corrispondenza. Questa
corrispondenza può essere accostata solo dal numero. La formula numerica
è una delle più incandescenti concettualizzazioni dei fatti cosmici.
L’uomo di oggi, quando sente dire che i pitagorici elevarono un inno al
numero, ne prende atto con bonario disprezzo. Ma il fisico e il
musicista capiscono molto bene che questo inno è cantato anche
dall’ingegnere, allorché costruisce il ponte, così come è cantato dagli
astri, allorché percorrono la loro orbita. Il mondo è matematica
realizzata. L’archetipo delle cose è il numero, dice Orfeo; arithmoi de
te pant ‘epoiken. Tutto ciò che l’uomo ode e vede, vive e pensa, fa e
subisce, non è altro che l’eroica azione e tribolazione del numero, in
proporzione e in ritmo, in accordo, misura temporale e spazio.