L’epoca del postmodernismo
Uno dei
fenomeni che più caratterizza il mondo contemporaneo è la
globalizzazione, resa anzitutto possibile dall’alto grado di sviluppo
dei mezzi di comunicazione. Grazie ad esso, gli angoli più remoti del
mondo sono diventati molto più vicini tra di loro, e la gente ha
immediato accesso a un’immensa quantità di informazioni. A un primo
sguardo sembra che l’umanità sempre più diventi un’unica famiglia, che
vive in un unico “villaggio globale". Al contempo, il processo di
globalizzazione, paradossalmente, é accompagnato da un sempre maggior
acuirsi delle tensioni tra varie regioni del mondo, che sfociano non di
rado in conflitti internazionali e scontri di civiltà. E’ sempre più
evidente il divario tra un emisfero settentrionale più sviluppato e uno
meridionale arretrato, anche se talvolta questa contrapposizione appare
eccessivamente schematica. Questa differenza non ha solo un carattere
socio-economico, ma anche culturale in senso lato. Se diciamo per
esempio che il nord, cioè l’Europa e l’America settentrionale, dal punto
di vista culturale attraversano l’epoca postmoderna, questo non vale
per nulla per i paesi dell'Africa e dell’Asia, che vivono secondo i
propri modelli culturali.
Il
postmoderno, i cui inizi sono solitamente collocati nella catastrofe
umanitaria dei due conflitti mondiali, attesta la realizzazione delle
profezie di Friedrich Nietzsche sulla “morte di Dio”: il processo di
secolarizzazione, continuato per tutta l’epoca moderna, è giunto al
punto che per la coscienza dell’europeo medio Dio ha cessato di essere
un principio determinante per la vita. Il filosofo e teologo americano
Thomas J. Altizer definisce così il nostro tempo sotto il profilo
religioso:
“Sono
ormai tramontati quei periodi nella nostra storia quando era possibile
avere un innato senso dell’identità e della presenza di Dio, o una
certezza morale sulla ragionevolezza della provvidenza divina. Il nome
di Dio non è più evocato al centro della vita e del sapere, ma è
pronunciato solo alle periferie, in quelle situazioni limite in cui il
sapere e l’esperienza falliscono. Dio è diventato per noi sempre più il
nome di un mistero totale e ultimo, un mistero alla cui presenza non
possiamo né agire né parlare.”
E
tuttavia, nella coscienza collettiva noi osserviamo, accanto alla
“morte di Dio", anche la fine dell’antropocentrismo. Se il posto al
centro del mondo lasciato libero da Dio, nelle ideologie della modernità
era stato occupato dall’uomo, con la sua fede incondizionata nella
scienza e nel progresso, la tragica esperienza del XX secolo, con
milioni di vittime umane, ha messo fine a questa fede ottimistica. Come
scriveva Dietrich Bonhoeffer:
“L’ideale assoluto della liberazione conduce l’uomo all’autodistruzione. Alla fine della via per la quale ci si e incamminati con la rivoluzione francese, si trova il nichilismo”.
Con il congedo dalle ideologie totalitarie, l’ultima delle quali è stato il comunismo, l’uomo contemporaneo ha rinunciato a qualsiasi tentativo di spiegare il mondo, negando la possibilità stessa di una verità definitiva. In tal modo, l’uomo postmoderno è un uomo disincantato. Ha rinunciato a qualsiasi grande idea per la quale possa valere la pena di spendere la vita. E la vita ora è priva di un significato globale. Al centro dell’universo dell’uomo contemporaneo si trovano la libertà e gli interessi individuali, e il fine principale si esaurisce nei consumi. Il principio di piacere, che governa l’uomo postmoderno, è giunto a sostituire gli imperativi religiosi e morali.
“L’ideale assoluto della liberazione conduce l’uomo all’autodistruzione. Alla fine della via per la quale ci si e incamminati con la rivoluzione francese, si trova il nichilismo”.
Con il congedo dalle ideologie totalitarie, l’ultima delle quali è stato il comunismo, l’uomo contemporaneo ha rinunciato a qualsiasi tentativo di spiegare il mondo, negando la possibilità stessa di una verità definitiva. In tal modo, l’uomo postmoderno è un uomo disincantato. Ha rinunciato a qualsiasi grande idea per la quale possa valere la pena di spendere la vita. E la vita ora è priva di un significato globale. Al centro dell’universo dell’uomo contemporaneo si trovano la libertà e gli interessi individuali, e il fine principale si esaurisce nei consumi. Il principio di piacere, che governa l’uomo postmoderno, è giunto a sostituire gli imperativi religiosi e morali.
Il
nichilismo contemporaneo, quale negazione di un Dio che limiterebbe la
libertà dell’uomo, è al tempo stesso negazione dell’uomo, che si e
separato da Dio in nome del progresso, non offre alternative, ma
rappresenta il vuoto. Questo vuoto può e deve essere riempito di un
contenuto positivo, rispondente a una nuova epoca. Il nostro tempo,
nelle parole di un sociologo contemporaneo, “lascia aperta anche
l’ipotesi di un recupero su vasta scala dei valori religiosi… Il vuoto
di Dio può trasformarsi in vuoto per Dio”.
L’alternativa cristiana
Come ha
mostrato l’esperienza della Russia e di alcuni altri paesi dell’Europa
orientale, che per lungo tempo si sono trovati sotto la pressione di
un’ideologia totalitaria, il cristianesimo può offrire all’uomo
contemporaneo, disincantato da qualsiasi sistema ideologico,
un’alternativa reale e l’aiuto a scoprire un nuovo, autentico senso
della vita. Dopo la caduta del comunismo in Russia, alcuni, disillusi
dagli ideali sovietici, si sono messi a inseguire i modelli della
società dei consumi; molti altri si sono accostati alla chiesa, perché
proprio nel vangelo hanno trovato quell’ideale vero che ha occupato il
posto degli idoli falsi. Questa concreta esperienza della chiesa
ortodossa russa testimonia che il cristianesimo è capace di rispondere
alle domande più essenziali dell’essere umano, senza rigettare le
conquiste della modernità, come per esempio la libertà della persona
umana e i diritti dell’uomo, ma riconducendoli alle loro radici
cristiane, e dando cosi loro una più alta dignità.