Quando un sistema socioculturale inizia a
disgregarsi si manifestano i seguenti quattro sintomi:
Primo, sorge al suo interno un inconciliabile
dualismo culturale; secondo, perde ogni forma e si fa sempre più sincretico,
affastellando elementi inassimilati, provenienti da altre culture; terzo, si
diffondono gigantismo, culto della quantità e delle grandi dimensioni a scapito
della qualità; quarto, si delinea un progressivo esaurimento della sua potenza
creativa nel campo dei valori perenni.
(…)
La prova incontrovertibile di questo fallimento è
rappresentata dall’esplosione senza precedenti di turbolenze sociali e guerre
che ha segnato il XX secolo. La nostra società condanna ogni specie di egoismo
e si vanta della sua capacità di rendere più umane e socialmente sensibili le
persone, mentre in realtà è teatro delle forme più sfrenate di avidità, crudeltà
ed egoismo, sia individuale che di gruppo (dagli innumerevoli gruppi
lobbystici, a quelli economici, politici, professionali, religiosi, statali e
simili).
La lista delle contraddizioni in termini della
nostra cultura potrebbe continuare, ma preferiamo concentrare
l’attenzione sulla sua principale contraddizione, ossia sul fatto che
essa esalta e degrada al tempo stesso l’uomo. Da una parte ne celebra la figura
e le opere sociali e culturali, dall’altra causa la completa degradazione
dell’essere umano e di tutti i valori sociali e culturali.
Noi viviamo in un’epoca che esalta l’uomo come
supremo fine e al contempo lo avvilisce, insieme ai suoi valori, in modo
incessante. (…)
Mai prima d’ora l’uomo aveva mostrato un genio
così grande nel campo delle scoperte scientifiche e delle invenzioni
tecnologiche. In nessun altro periodo del passato l’uomo aveva goduto di un
analogo potere di modificazione delle condizioni biologiche e cosmiche, al fine
di soddisfare i suoi bisogni. Mai in precedenza l’uomo aveva plasmato in misura
tale il suo destino come avviene oggi. In effetti, viviamo nel tempo dei più
grandi trionfi del genio umano. Perciò è inutile meravigliarsi dell’orgoglio
che nutriamo per l’uomo. Non è frutto del caso se la nostra cultura è par
excellence antropocentrica, umanitaria e umanistica: l’uomo ne è il fulcro
da glorificare e rappresentare come “misura di tutte le cose”. Essa però lo
esalta come eroe e sommo valore, non perché sia stato creato da Dio a sua
immagine, ma solo in ragione delle sue straordinarie conquiste,
sostituendo in questo modo il culto dell’uomo alla religione soprannaturale.
La nostra cultura professa una solida fede nella
possibilità di un illimitato progresso, basato sulla capacità umana di dominare
il proprio destino, di sradicare tutti i mali sociali e culturali e creare un
mondo migliore sempre più bello, senza guerre e conflitti sanguinosi, crimini,
povertà, irragionevolezza, ottusità e volgarità. Per tutti questi aspetti noi
in effetti viviamo in un’ epoca segnata da un’ autentica glorificazione
dell’uomo e della sua cultura. Sfortunatamente questa, seppur splendida non è
che una facciata del nostro edificio culturale sociale. Come nel caso del
mitico Giano bifronte, il sensismo possiede un altro e sinistro volto, quello del
massimo avvilimento della dignità umana, degradazione, pervertimento e
profanazione di tutti i valori sociali e culturali.
Se il volto risplendente della nostra cultura
esalta e divinizza l’uomo, l’altro lo spoglia di tutto quel che possiede di
divino ed eroico. Se il primo volto della nostra cultura presenta il mondo come
frutto della fiamma creativa del genio umano che ascende sempre più in
alto-quasi a raggiungere le stelle-verso il cosmo eterno dei valori assoluti;
il secondo volto deride il mondo come frutto di un’ illusione, degradandolo al
rango di formicaio, oppure a livello di un “meccanismo di adattamento”, per api
e formiche umane.
(…)
Prendiamo in considerazione il modo in cui la
scienza contemporanea descrive l’uomo. Come abbiamo visto, stando alle sue
principali definizioni, l’uomo sarebbe un complesso di elettroni-protoni, un
animale strettamente imparentato con le scimmie; un insieme meccanico di
riflessi, una variante del rapporto stimolo-reazione; una specie di “sacco”
psicoanalitico stracolmo di libido o di altri impulsi fisiologici di base; o un
meccanismo dominato principalmente da bisogni digestivi ed economici.
Tali sono, le concezioni correnti dell’uomo dal
punto di vista chimico-fisico, biologico e psicosociale. Indubbiamente l’uomo è
tutto ciò. Ma queste concezioni-sia da sole che insieme- sono sufficienti a
spiegare in modo esaustivo la sua vera natura? O meglio, aiutano a risalire
alle proprietà fondamentali che fanno dell’uomo un essere unico al mondo? La
maggior parte delle definizioni, specialmente quelle che pretendono di essere
scientifiche, raramente, seppur accade, sollevano tali questioni: fingono di
non vederle. Noi siamo così abituati a questi punti di vista, che non riusciamo
a scorgere l’assoluto discredito in cui mettono l’uomo e la cultura.
Invece di raffigurare l’uomo come figlio di Dio,
latore nel mondo empirico dei più elevati valori, e come tale sacro, l’uomo è
spogliato di ciò che in lui vi è di divino e ridotto a puro e semplice
complesso organico o inorganico.
(...)
Come la scienza, anche il pensiero filosofico
contemporaneo, da par suo, ha contribuito alla degradazione umana e culturale
nei seguenti modi:
Primo, con l’accettazione totale, negli ultimi
secoli, del materialismo meccanicistico; secondo, con lo svilimento dell’idea
stessa di verità a mera questione di convenienza ( neopositivismo, pragmatismo,
operazionalismo, strumentalismo, positivismo logico ecc), oppure a
“convenzione” arbitraria e fittizia ( le filosofie dell’ Als Ob o del
“Come se”); o ancora a mera “ideologia”, “derivazione” ,
“razionalizzazione”, in quanto “sottoprodotto” di impulsi o residui economici e
materiali o di altro genere (marxisti, seguaci di Freud e Pareto). Terzo,
infine, con l’ elezione degli organi dei sensi a principale e spesso unico
criterio di verità.
(…)
Se ci volgiamo alle belle arti si nota un analogo
dualismo che conduce alle medesime contraddizioni, sia in campo artistico che
umano. Sull’aspetto solare dell’arte sensistica, che ben conosciamo è inutile
spendere altre parole. Il lato oscuro invece si manifesta, come abbiamo visto
nei seguenti modi: primo, con la degradazione dei valori artistici a puri e
semplici mezzi di godimento sensuale in termini di “vino, donne e lassativi”;
secondo, con il bisogno patologico di mettere in mostra tutti gli aspetti umani
e culturali più negativi. Se dessimo ascolto all’arte moderna dovremmo perdere
qualsiasi rispetto per l’uomo e la cultura. Da questo punto di vista l’arte
contemporanea è un’ arte che degrada e offende l’uomo. E ignorando che in
questa maniera, anch’essa si svilisce, e prepara la sua rovina.
Un analogo dualismo è infine osservabile anche nell’etica e nel diritto contemporanei. Il contrasto vede da una parte il sistema dell’etica cristiana da noi creato in passato, e di cui siamo eredi, e dall’altra le più moderne regole di condotta utilitaristiche ed edonostiche. E come abbiamo visto, sono stati proprio i sistemi etici moderni a gettare i semi che hanno causato la degradazione dell’uomo e dei valori morali stessi.
Fonte: tratto da “La crisi del nostro tempo”,
P.Sorokin (Arianna Editrice)